Con gli occhi di Faber

Se questa rubrica ha sempre trattato di letteratura, parlare di Fabrizio De André è un’eccezione non troppo fuori dalla regola. 

Nato nel 1940 nel quartiere di Pegli, il cantautore genovese ha lasciato un segno indelebile nella cultura italiana, ottenendo anche gli elogi di grandi letterati e poeti come Mario Luzi, e alcuni dei suoi testi musicali, considerati poesie, sono stati inseriti nelle antologie di letteratura scolastica a partire dagli Anni Settanta. 
Denominato il cantautore degli emarginati, De Andrè, insieme ad altri artisti come Gino Paoli e Luigi Tenco, è uno dei principali volti della Scuola Genovese, il nucleo di artisti liguri che ha modificato profondamente il panorama musicale italiano. 

Nato in una famiglia di origini nobili, De Andrè ha sempre avuto un animo tormentato, caratteristica che non lo ha aiutato ad avere vita facile negli studi. Una citazione del suo professore di Letteratura, con il quale aveva un rapporto particolarmente conflittuale, dice: «Era estroverso, non senza ingegno, ma strano».  

Dopo il liceo decide di seguire le orme del fratello maggiore, oltre che del suo amico Paolo Villaggio, e di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza: a sei esami dalla laurea, lascia l’Università per intraprendere il suo percorso musicale. 
Il cammino intrapreso non è stato fin da subito rose e fiori, anzi, per cercare di arrivare a fine mese, De Andrè e Villaggio decidono di imbarcarsi d’estate sulle navi da crociera per intrattenere le persone a bordo. Durante questi tour, a detta di Villaggio, si esibirono anche insieme a Silvio Berlusconi, all’epoca anch’esso musicista sulle navi. 

Diviso tra uno stile di vita forsennato e letture politiche, filosofiche e letterarie dalle quali prende ispirazione, il suo maestro di vita rimarrà sempre il cantautore Georges Brassens. 
Il punto di forza principale di De Andrè è non essere mai rientrato in una casella specifica, era un ragazzo di mondo ma soprattutto che entrava in mondi diversi, in cui condivideva la sua essenza con prostitute, amici alcolizzati, grandi letterati e personaggi dell’alta società. 
Tutte queste sfaccettature gli hanno permesso di scrivere di tante realtà diverse, di pezzi di vita, con l’occhio interno di un amico e una penna ineguagliabile. 

In un’intervista del 1961 afferma: «Lessi Croce, l’Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è un cretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante».  

Quello stesso anno, De Andrè pubblica il suo primo 45 giri sotto l’etichetta Karim, di cui fanno parte i due brani Nuvole Barocche e Fu la notte. 
L’anno successivo, nel ’62, diventa padre di Cristiano insieme alla moglie Enrica Puny. 

Dal ‘64 in poi vede la sua notorietà crescere con La canzone di Marinella, pochi anni dopo interpretata anche da Mina. Negli anni successivi, incide brani come La canzone dell’amore perduto, Amore che vieni, amore che vai e Geordie. Questi album in particolare sono quelli che spalancano le porte al suo successo. 
Nel ‘71, con l’album La buona novella, nasce la storica collaborazione con la PFM (Premiata Forneria Marconi), gruppo musicale rock progressivo che accompagna De Andrè in più dei suoi capolavori. 
Per tutta la durata della sua carriera, Fabrizio considererà quest’album la sua incisione migliore. 
Di questa raccolta fanno parte pezzi storici come Il Sogno di Maria, un misto perfetto tra clima religioso e onirico e poesia terrena: 

Nel Grembo umido, scuro del tempio, 
l’ombra era fredda, gonfia d’incenso; 
l’angelo scese, come ogni sera, 
ad insegnarmi una nuova preghiera: 
poi, d’improvviso, mi sciolse le mani 
e le mie braccia divennero ali, 
quando mi chiese – Conosci l’estate? – 
io, per un giorno, per un momento, 
corsi a vedere il colore del vento.

È poi invece con l’album Storia di un impiegato che inizia gli spettacoli dal vivo, nel 1973, in cui durante le registrazioni conosce Dori Ghezzi, futura compagna e donna della sua vita, a detta di Faber. 
Fino al suo ultimo anno di vita, il 1998, De Andrè ha creato brani, collaborazioni e storie incredibili che hanno spaziato nel tempo e nella forma a seconda degli argomenti, anch’essi infiniti come gli interessi e i temi che hanno attratto l’artista.

È ancora oggi per i giovani appassionati di cantautorato un caposaldo musicale, un autore di scrittura ineguagliabile e i suoi brani un tesoro che va custodito di generazione in generazione. 

Carola Aghemo

© Credit immagini: link + link + link

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.