Azar Nafisi nasce a Teheran nel 1948. All’età di 13 anni viene mandata dai suoi genitori a continuare gli studi in Inghilterra, per poi laurearsi in Letteratura inglese e americana presso la University of Oklahoma.
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Ritornata in Iran nel 1979 diventa docente di letteratura inglese presso l’università della capitale.
Sono gli anni della rivoluzione islamica che avrebbe di lì a poco portato al potere l’ayatollah Khomeini.

Da quel momento la cultura occidentale inizia a non essere più vista di buon occhio, spesso viene addirittura osteggiata da parte delle autorità, così che Azar, per via della sue idee e della sua formazione culturale, finisce col trovarsi spesso in contrapposizione al regime, tanto che, dopo un’espulsione negli Anni Ottanta, abbandona la cattedra nel 1995.
Ed è allora che sceglie di compiere uno dei più grandi atti di amore nei confronti della letteratura della storia recente. Infatti, da quel momento decide di invitare le sue sette studentesse migliori ogni giovedì mattina nel proprio salotto e tenere per loro una serie di lezioni-dibattito su alcuni dei più grandi classici della letteratura occidentale che altrimenti, essendo censurati dal regime, sarebbero finiti dimenticati dalle ragazze e dal popolo iraniano. Lolita, Il grande Gatsby, Orgoglio e Pregiudizio, Cime tempestose, Invito a una decapitazione, sono alcuni dei romanzi che vengono letti e analizzati, sempre in rapporto con la condizione che l’Iran e, soprattutto, le donne iraniane, stanno attraversando in quel momento.

Due anni più tardi Azar Nafisi si trasferirà, insieme al marito e ai figli, negli Stati Uniti, dove riprenderà il proprio lavoro di docente. Ed è qui che, nel 2003, pubblica il romanzo Leggere Lolita a Teheran, dove, mescolando i caratteri e le vicende delle protagoniste, racconta dell’esperienza vissuta anni prima nel salotto di casa sua.

Leggere Lolita a Teheran non è un semplice gesto quotidiano, è una presa di posizione netta, una dichiarazione di intenti. Perché leggere un romanzo come Lolita o come qualunque altro tra quelli proposti alle sue studentesse, e farlo in una città come Teheran, è un atto di resistenza civile. Significa opporsi silenziosamente a un regime che ha sempre cercato di togliere la voce al popolo. Significa dimostrare di essere vivi.
Perché “…È così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare.“
Francesco Castiglioni