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Haruki Murakami nasce a Kyoto nel 1949. Studia all’università di Lettere dove conosce la sua futura moglie che sposa all’età di ventidue anni. Dopo aver lasciato gli studi e una serie di lavori sporadici decide di aprire un jazz bar. È il 1974 e il locale viene denominato Peter Cat, in onore di un suo gatto. Il giovane Murakami, guardato da un occhio esterno, può essere considerato un uomo realizzato: è sposato, gestisce un’attività che procede a gonfie vele e che unisce le sue passioni per la musica e i gatti. Ma a un certo punto qualcosa si rompe.

Il giapponese non riesce ad accontentarsi della sua vita monotona, ha l’ambizione di scrivere un romanzo. Il suo primo libro Ascolta la canzone del vento nel 1979 vince il premio Gunzo, destinato al miglior esordiente. Per Murakami è fondamentale non che un’opera abbia successo, ma che soddisfi le aspettative dello scrittore. Non gli interessa il risultato, il giudizio esterno, ma lo stimolo interno. L’anno successivo vede la luce Il flipper del 1973. Con la pubblicazione di questa breve opera l’autore si rende sempre più conto che la scrittura è un carburante per la sua autorealizzazione.
Dopo aver pubblicato il suo terzo romanzo Sotto il segno della pecora nel 1982 Haruki dà una svolta radicale alla sua vita. Decide di dedicarsi completamente a sé stesso e al suo sogno. Vende il bar per vivere di scrittura. Smette di fumare sessanta sigarette al giorno, si mette a dieta e inizia a correre.
L’amore per la scrittura e la corsa nascono e crescono in simultanea, si influenzano e si alimentano a vicenda. Murakami diventerà un celebre autore e maratoneta. Proprio il connubio tra queste sue due passioni è approfondito nel suo libro autobiografico L’arte di correre. Si tratta di un’opera di autoanalisi, spontanea e intima, in cui l’autore si racconta e, utilizzando come espediente la sua storia di atleta, propone un parallelismo con l’attività dello scrittore.

La corsa è vissuta come un atto di disintossicazione, ma anche come una sfida ai propri limiti. Allo stesso tempo è uno strumento per dimostrare a sé stessi la propria autodisciplina messa in pratica ogni giorno attraverso allenamenti costanti.
L’arte di scrivere un romanzo non è poi tanto differente dal preparare una maratona, per entrambi ci vuole costanza e allenamento fisico e mentale. Murakami smonta così lo stereotipo dell’artista ‘tutto genio e sregolatezza’ dimostrando come la perseveranza e la fatica siano i valori imprescindibili di ogni attività.
«Se mi chiedessero qual è la qualità più importante per uno scrittore dopo il talento, direi senza esitare la capacità di concentrazione. La facoltà intellettuale di riversare tutto il talento di cui siamo dotati, intensificandolo su un unico obiettivo».
Haruki Murakami
Paolo di Cera