A ognuno il suo Colombre

La raccolta di racconti La Boutique del mistero di Dino Buzzati è un classico della narrativa italiana: trentun storie pubblicate nel 1968.

Attraverso i temi trattati vediamo parabole di vita e personaggi di fantasia, che diventano simboli.

Il racconto del Colombre mi è stato letto il primo giorno di scuola, dalla professoressa di greco. Ricordo l’ansia di quel giorno, ma sono stata completamente assorbita dalla storia e il suo messaggio non se ne va.

Oggi ve la racconto.

Stefano, protagonista della vicenda, è figlio di un marinaio. Per il suo compleanno chiede al padre di potersi imbarcare con lui e scorge all’orizzonte un’enorme creatura muoversi tra le onde: il Colombre. Un essere leggendario, l’incubo dei marinai.

Il mostro può essere scorto solo dalla vittima scelta e dai suoi familiari. Il destino di chi lo vede è di essere perseguitato a vita, fino a quando non sarà divorato. Il padre di Stefano lo obbliga a vivere lontano dal mare, per studiare in una città dell’entroterra e indirizzarlo verso un’altra professione. Ma il ragazzo passa tutta la vita ossessionato dall’idea del mostro, senza mai riuscire ad andare oltre.

Solo dopo la morte del padre, Stefano torna a casa dalla madre, dicendole di voler perseguire il mestiere di famiglia.

Vive così per mare e la donna, ignara della maledizione del Colombre, diventerà molto orgogliosa del figlio.

L’uomo inizia quindi la sua avventura lontano dalla terraferma, sulla quale non tornerà mai più a vivere. Navigando in tutti i luoghi del mondo, sempre fedelmente seguito dal Colombre.

Un giorno, rendendosi conto di essere diventato anziano, Stefano decide di affrontare il suo antico nemico: anche la creatura doveva essere stanca di seguirlo in ogni angolo del globo. Si cala così in mezzo al mare con una barchetta e si avvicina all’essere: un arpione per difendersi, terrorizzato.

Il Colombre gli chiede il perché della sua fuga e perché avesse deciso di percorrere tutta quella strada.

Stefano, stupefatto, gli spiega che stava scappando – proprio da lui – poiché sapeva che averlo scorto, durante quell’ormai lontano compleanno l’aveva segnato e destinato a morte certa se l’avesse incontrato. Era solo un bambino.

Il Colombre gli risponde che per tutta la vita l’aveva seguito, poichè il re dei mari l’aveva incaricato di consegnargli una perla: gli avrebbe portato tantissima fortuna con una vita lunga e felice.

La creatura decide di estrarre la perla dalle sue fauci e la consegna all’uomo, che, disperato, si scusa per la sua stupidità e non può credere di aver butatto tanti anni in quel modo.

Lo scheletro di Stefano verrà trovato su quella stessa barchetta dai suoi marinai, tempo dopo, stringendo ancora la piccola perla tra le mani.

Quella che è effettivamente una vicenda tragica, ha però un significato profondo: chiudersi nelle proprie paure, nelle proprie costrizioni, senza mai valutare la possibilità di altre vie, è una violenza nei confronti di se stessi.

Ciò che noi evidenziamo come sintomo di morte certa, può rivelarsi un qualcosa che ci salva la vita, se gli diamo la possibilità di sfiorarci e di entrare a contatto con noi.

Prendiamoci il rischio, scegliendo di non proteggerci!

Ognuno di noi ha un Colombre e – forse – farci sfiorare diventa la risposta per smettere di scappare.

Carola Aghemo

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