A inizio aprile di quest’anno sono stati annunciati i vincitori della sessantacinquesima edizione del World Press Photo, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, esistente dal 1955. Fino all’anno scorso il concorso assegnava due premi principali – il World Press Photo of the Year e il World Press Photo Story of the Year – ed era diviso in categorie tematiche – qui avevamo parlato delle foto premiate dell’anno scorso. Da quest’anno la Fondazione ha scelto di essere più inclusiva ed equilibrata, seguendo una suddivisione in aree geografiche adottando un approccio regionale, per correggere “
«uno squilibrio nella rappresentanza tra partecipanti, storie e vincitori. Nel 2021, solo il 7% dei partecipanti proveniva dal Sud America, il 5% dal sud-est asiatico e dall’Oceania e il 3% dall’Africa».
Le sei regioni individuate per il concorso sono: Africa, America del Nord e Centrale, America del Sud, Asia, Europa, Oceania e Sud Est Asiatico. Ad ogni regione sono state assegnate quattro categorie di gara in base al formato dell’immagine: Singole, Storie, Long-Term Projects e Open Format (una nuova categoria che include diversi tipi di uso dell’immagine, per esempio collage e documentari).
In totale sono state esaminate circa 65 mila fotografie, scattate da 4 mila fotografi provenienti da 130 paesi. La giuria che selezionava i finalisti era formata in base alla categoria da valutare, con esperti ed esperte della zona geografica in esame, mentre i vincitori e le vincitrici regionali e globali sono stati scelti da una giuria globale, composta dai presidenti di ciascuna giuria regionale.
In questa pagina del sito ufficiale della World Press Photo sono raccolte tutte le fotografie e i progetti vincitrici di ciascuna categoria e area regionale.

Il premio World Press Photo of the Year è stato vinto dalla fotografa Amber Bracken, con lo scatto intitolato Kamloops Residential School. Vestiti rossi sono appesi lungo una strada per ricordare la morte dei bambini al Kamloops Indian Residential School. Scuole come queste furono definite ‘residenziali’ e nacquero nel XIX secolo per una politica di integrazione forzata. Più di 150mila studenti furono allontanati dalle proprie case, vietando loro spesso di comunicare con le famiglie, e sono stati oggetto di abusi mentali e fisici, anche sessuali. Indagini approfondite hanno concluso che in totale sono morti più di 4mila bambini mentre erano nella scuola. A maggio 2021 un radar a penetrazione del suolo ha identificato 215 luoghi di sepoltura nella zona.

Il premio World Press Photo Story of the Year è stato assegnato a Matthew Abbot. Saving Forest with Fire rappresenta l’antichissima pratica indigena del cool burning, ‘combustione a freddo’, in cui le fiamme, muovendosi lentamente, bruciano solo il sottobosco e rimuovono l’accumulo di residui vegetali che potrebbero alimentare gli incendi. La comunità Nawarddeken di West Arnhem Land, in Australia, vede il fuoco come uno strumento utile per gestire la terra in cui vive. Sono unite così le conoscenze tradizionali con le tecnologie contemporanee per prevenire gli incendi, contrastando anche la produzione di CO2.

Amazonia Dystopia, di Lalo de Almeida, ha vinto il premio World Press Photo Long-Term Project Award.
La foresta pluviale brasiliana è gravemente minacciata da deforestazione, estrazione mineraria, sviluppo infrastrutturale e sfruttamento delle risorse naturali, che aumentano anche a causa delle politiche regressive dal punto di vista ambientale del presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Dal 2019 la devastazione della Foresta amazzonica ha registrato il ritmo più veloce degli ultimi dieci anni. Area di straordinaria biodiversità, il suo sfruttamento ha una serie di conseguenze sociali, in particolare sui 350 gruppi indigeni che si interfacciano al degrado del loro ambiente e del loro modo di vivere.

Il World Press Photo Open Format Award è stato assegnato al progetto Blood is a Seed di Isadora Romero, un video composto da fotografie digitali e su pellicola, che parla di migrazione forzata, colonizzazione e conseguente perdita di conoscenze tradizionali. Nel video sono esplorati i territori nei pressi del comune di Une, in Colombia, attraverso anche i ricordi dei nonni e bisnonni, che la fotografa definisce ‘custodi di semi’.
Clicca qui per poter esplorare virtualmente la mostra.
La World Press Photo Exhibition sta girando e girerà per diffondere i messaggi di denuncia, speranza e riflessione in tutto il mondo.
Marta Schiavone