Che tu sia per me il coltello: un amore senza immagine

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David Grossman nasce a Gerusalemme nel 1954 da una famiglia originaria della Galizia

La passione per il mondo letterario nasce fin dai primi anni della sua vita, quando il padre, autista di autobus, viene incaricato di dirigere la biblioteca dell’azienda di trasporti. 

All’età di soli nove anni Grossman vince un concorso nazionale che aveva come oggetto la conoscenza dell’opera di Sholem Aleichem, celebre autore di romanzi umoristici in lingua ebraica. 

Si laurea in filosofia e teatro all’Università di Gerusalemme, e inizia in giovane età una carriera da attore e speaker radiofonico, che nel 1984 gli fa vincere il Premio del Primo Ministro per il lavoro creativo.

Il suo impegno in radio prosegue ancora per diversi anni, fino a quando nel 1988 viene licenziato per essersi dichiarato ateo e per le proprie posizioni politiche. 

L’improvvisa disoccupazione è però il trampolino di lancio che lo porta a dedicarsi alla carriera letteraria, destinata a essere una delle più brillanti di tutta l’epoca contemporanea. 

Tra i suoi più grandi successi sono da ricordare Qualcuno con cui correre, Ci sono bambini a zig zag e Che tu sia per me il coltello.

Quest’ultimo, di genere epistolare e pubblicato nel 1998, è sicuramente uno dei suoi romanzi più sperimentali.

Il titolo si ispira a una frase celebre delle Lettere a Milena di Franz Kafka, citata anche all’interno dell’opera in una delle lettere del protagonista: «Amore è il fatto che tu sia per me il coltello con il quale frugo dentro me stesso».  

Lo scambio di lettere avviene tra Yiair Einhorn e Myriam, un uomo e una donna di Gerusalemme, entrambi sposati, che vivono un rapporto di amore profondo esistente solo su carta. 

Una delle particolarità di questo romanzo è che nella prima parte vengono rese note solo le lettere scritte da Yiair, le risposte e le emozioni di Myriam sono quindi ricostruibili dal lettore solo tramite le informazioni che si traggono dalle lettere dell’uomo. Vi è poi una seconda parte nella quale viene riportato il diario tenuto da Myriam durante lo scambio, che dona al lettore una visuale a trecentosessanta gradi. 

Ciò che dà inizio a questa tormentata storia d’amore è un raduno del liceo al quale sono presenti entrambi i protagonisti; non si può dire che si incontrino, poiché non si presentano né si parlano, ma Yiair nota Myriam tra la folla e ne rimane folgorato. Ciò che lo spinge a notare la donna è la posizione delle sue braccia, strette tra di loro come in un abbraccio

Dopo giorni di ripensamenti, l’uomo decide di scriverle una lettera in cui, oltre a presentarsi, le propone uno scambio epistolare cui Myriam decide di prestarsi.

Ciò che inizia in modo così innocente si trasforma in un rapporto di estrema intimità tra i due scrittori, che condividono tutti i dettagli della propria vita, alcuni irripetibili ad altre persone, costruendo un rapporto di piena fiducia e di dipendenza l’uno dall’altro, che è però destinato a finire. Fin dalla prima lettera infatti, l’anomala coppia fissa due regole: non incontrarsi mai nella vita reale e cessare la relazione all’arrivo delle piogge autunnali. 

Con l’intensificarsi della loro relazione, che diventa sempre più erotica e profonda lettera dopo lettera, questo patto sembra sempre più difficile da rispettare, fino a quando un giorno Yair decide di interrompere lo scambio con una lettera in cui dice a Myriam il suo nome completo, il suo lavoro e il luogo della sua abitazione. Questo improvviso salto nella realtà è il suo modo di mettere fine al rapporto, creando un taglio netto tra i due amanti dato da una decisione totalmente unilaterale. Nel diario di Myriam il lettore viene fatto partecipe del dolore della donna, che aveva sognato di portare quella relazione nella vita reale, cercando addirittura l’uomo a Tel Aviv, senza alcun riscontro. 

Di fatto, i due protagonisti non si incontrano mai nella vita reale, eppure vivono un rapporto talmente intenso da essere un’esperienza unica nella vita di entrambi, giocando di fantasia laddove non è possibile arrivare se non con una relazione empirica, che non risulta necessaria per il raggiungimento di un amore profondo e logorante.

Il fatto stesso di non potersi vedere fa sì che l’uomo e la donna siano totalmente sinceri l’uno con l’altra, perché non legati a nessuna impressione se non quella della loro parola scritta, che si rivela potentissima

In un mondo come quello di oggi questo acquisisce un significato ancora più grande; siamo legati tutti i giorni a una comunicazione scritta eppure raramente la utilizziamo per scrivere davvero qualcosa di significativo, che lasci un segno, che ci lasci guardare dentro. Siamo spaventati dalle distanze eppure forse, alcune volte, sono il modo migliore per riuscire a parlare di noi. 

Carola Aghemo

© Credit immagini: link + link + link

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