Giacomo Leopardi nacque il 29 giugno 1789 a Recanati, all’epoca nello Stato pontificio. Primo di dieci figli di una delle famiglie più altolocate del paese, soffrì la mancanza di affetto durante l’infanzia, dovuta alla durezza della madre, donna fortemente religiosa e legata alle convenzioni sociali.
Ebbe una prima educazione da due precettori ecclesiastici, improntata sul modello gesuita: ricevette infatti un’ottima formazione latina e umanistica, ma anche scientifica. Nonostante l’ottima struttura del suo piano di educazione, il giovane Giacomo decise di non porre alcun limite alla propria formazione, intraprendendo un personale percorso di studio servendosi della biblioteca paterna.
Leopardi è ritenuto a tutti gli effetti il più celebre poeta dell’Ottocento italiano e un luminare della letteratura mondiale di tutti i tempi, ma è spesso considerato anche uno dei più grandi pessimisti mai esistiti.

È interessante come Alessandro D’Avenia nel suo romanzo L’arte di essere fragili: come Leopardi può salvarti la vita abbia messo in luce una visione di questo grande poeta diametralmente opposta ai preconcetti che vi sono solitamente allegati.
D’Avenia lo descrive infatti come un uomo ‘affamato di vita e di infinito’, strutturando il suo romanzo come uno scambio epistolare tra se stesso e il poeta, suddiviso in quattro parti: adolescenza (o l’arte di sperare), maturità (o l’arte di morire), riparazione (o l’arte di essere fragili) e morire (o l’arte di rinascere).
Tramite questa corrispondenza e le tante domande che l’autore formula al poeta, traspare come questo ‘incontro’ con Leopardi gli abbia indicato la strada per la felicità, ponendosi come obiettivo di guardare il mondo con la stessa meraviglia con cui egli l’aveva fatto, nonostante le difficoltà della sua vita e la derisione da parte dei suoi contemporanei.

Le domande che D’Avenia pone sono frutto dei tanti interrogativi che in anni di insegnamento gli sono stati indicati da giovani studenti alla ricerca di se stessi, in un mondo ormai troppo in movimento dove il più grande desiderio rimane sempre quello di trovare un significato più profondo del vivere.
L’autore lo definisce ‘il momento di rapimento’, ovvero l’incontro improvviso con la parte più autentica di noi stessi.
Per D’Avenia Leopardi è il maestro indiscusso in quanto a fedeltà al suo ‘primo rapimento’, poiché ne fece la sua vita nonostante nel corso degli anni gli sembrò impossibile farne realtà.
La determinazione con cui il poeta perseguì per tutta la sua vita la vocazione della poesia nonostante tutte le difficoltà che si scontrarono sul suo cammino, è un esempio di forza e di perseveranza nell’inseguimento dei propri sogni che poco ha a che fare con la negatività, e dunque con il pessimismo.
Leggere questo romanzo fa riflettere su ciò che davvero richiede positività e fiducia in se stessi: più volte realizzerete quanto vorreste essere positivi almeno la metà di quanto lo sia stato Giacomo Leopardi.
Carola Aghemo