Il tre ottobre del 2013, a largo delle coste di Lampedusa, si è consumato uno dei più gravi naufragi degli ultimi anni. In poche ore 368 uomini, donne e bambini migranti sono stati inghiottiti dal mare. Solo 151 persone sono sopravvissute, 41 di esse minori. La strage del tre ottobre ha scosso profondamente l’opinione pubblica e acceso i riflettori sulle vittime dell’immigrazione e sulle loro vite spezzate, nel Mar Mediterraneo e lungo le rotte via terra, alle porte d’Europa.
È proprio per coltivare la memoria di questo evento che ha preso vita il Comitato Tre Ottobre, un’associazione no profit che, attraverso l’incontro e il dialogo con studenti, associazioni e cittadini, promuove politiche di accoglienza ed integrazione e porta avanti progetti di sensibilizzazione sul tema delle migrazioni. Tra gli obiettivi dell’associazione ci sono anche la promozione di sistemi di ingresso in Italia legali e sicuri, come i corridoi umanitari, e di altri strumenti che possano rendere più facile l’integrazione dei richiedenti asilo nelle comunità locali. Ma i destinatari privilegiati del Comitato Tre Ottobre sono i giovani, gli studenti, le nuove generazioni: è a loro che sono dedicati i percorsi didattici e formativi proposti dall’associazione, a cui hanno partecipato finora più di 50.000 studenti e studentesse di tutta Europa.



Il Comitato si è inoltre reso portavoce di una proposta di legge, approvata dal Senato nel 2016, che ha istituito ufficialmente la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, celebrata proprio il tre ottobre a Lampedusa. Da allora l’isola diviene ogni anno luogo di testimonianza, incontro, condivisione. Teatro di iniziative a cui partecipano studenti, associazioni, cittadini, attivisti, sopravvissuti al naufragio e parenti delle vittime. Quest’anno, la campagna del Comitato #siamotuttisullastessabarca, che mirava a stimolare la partecipazione attiva dei giovani riguardo il tema della migrazione, ha portato a Lampedusa quasi settanta scuole da tutta Europa. Proprio a loro il dottor Pietro Bartolo, medico di Lampedusa da trent’anni e membro del Parlamento Europeo, e Maria Arena, alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri, si sono rivolti, incoraggiandoli a fare rumore, a pretendere che le istituzioni si occupino prima di tutto di proteggere le persone, non i confini (attraverso lo slogan Protect People not Borders). La migrazione è, infatti, un fondamentale diritto individuale ed è fonte di incontro, scambio, condivisione ed arricchimento: è necessario, quindi, che sia garantito a tutti, in sicurezza. Questo è il primo passo per costruire un’Europa più unita, solidale ed accogliente.
Silvia D’Ambrosio
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