Roald Dahl nacque nel 1916 nel Galles, da entrambi genitori norvegesi.
Fin dagli inizi la sua vita fu segnata da due terribili lutti: nel 1920 venne a mancare la sorella Astri, di soli sette anni, a causa di un’appendicite; dopo pochi mesi, per una polmonite, scomparve anche suo padre Harald. Dopo queste gravi perdite in così giovane età, la madre acquisì un ruolo fondamentale: ogni sera raccontava al bambino favole e avventure, aiutandolo a coltivare la sua fantasia. Il piccolo Dahl era infatti un grande fan di Beatrix Potter e dei suoi racconti: riuscì anche a conoscere la famosa illustratrice a soli 6 anni, come viene raccontato nel film Roald and Beatrix: the tail of the curious mouse.
Anche gli anni scolastici non furono facili, patì le severe pene corporali che venivano usate all’epoca ed esse divennero fonte di ispirazione per il personaggio della signorina Trinciabue nel suo celebre libro Matilde. Questa ribellione e insofferenza nei confronti dell’istituzione scolastica troverà sfogo in tutti i suoi libri, che hanno come protagonisti i bambini, i quali grazie al loro modo singolare di vedere le cose vivono meravigliose avventure e sconfiggono il male.

Da adulto si unì alla spedizione della società di esplorazione di Terranova, per poi unirsi alla RAF durante la seconda guerra mondiale e infine spostarsi in America.
Qui scrisse uno dei suoi primi racconti per bambini: I Gremlins, pubblicato nel 1943, che venne trasformato in un film prodotto da Steven Spielberg nel 1984. Il suo primo racconto a riscuotere un grande successo fu però James e la pesca gigante, pubblicato nel 1961, anche quest’ultimo poi divenuto un film.
Tornato in Gran Bretagna, l’autore divenne sempre più popolare grazie alla pubblicazione de Gli Sporcelli e La fabbrica di cioccolato, uno dei suoi capolavori, seguiti poi nell’83 da tre delle sue opere migliori di sempre: Il GGG, Le streghe e Matilde.
Nel 53 inoltre, Dahl si sposò con l’attrice Patricia Neal, da cui ebbe 5 figli. La sua vita familiare fu però un’altra volta ricca di traumi e perdite: la figlia Olivia di soli sette anni morì a causa del morbillo, un altro dei suoi figli subì una frattura cranica che gli provocò l’idrocefalia, e la moglie dovette affrontare un duro periodo di riabilitazione dovuto a un ictus.
Questi traumi vengono in qualche modo elaborati nei suoi racconti, che pur essendo per bambini non ritraggono un mondo falsamente positivo e privo di dolore. Il tema principale dei suoi libri è infatti la condizione difficile in cui i bambini si ritrovano, orfani o terribilmente poveri e oppressi da figure adulte che cercano di approfittarsi di loro. Questa evidente matrice Dickensiana viene arricchita però dalla componente magica, grazie alla quale i bambini riescono a risolvere i loro problemi e uscire dalla situazione di oppressione.

Fondamentale tratto distintivo dei suoi racconti sono le celebri illustrazioni realizzate da Quentin Blake, presenti in ogni libro, inconfondibili per qualsiasi bambino che abbia amato l’autore britannico.
La storia parte da una condizione di sofferenza per trasformarsi sempre in qualcosa di estremamente positivo e ricco di magia, unicità e sogno, che salva il bambino dalla sua condizione e fa in modo che quest’ultimo non smetta di credere nel bene, forte della convinzione che qualsiasi condizione può sempre migliorare. Questa è sicuramente una delle tematiche più belle e più preziose dei suoi racconti: non darsi per vinti e lottare perché vinca il bene.
Roald Dahl morì nel 1990 a Oxford, lasciando un’eredità di racconti incredibili che ancora oggi insegnano alle nuove generazioni che cosa voglia dire amare un libro e credere in un po’ di magia.
Carola Aghemo
Nota: Nel dicembre 2020 la famiglia di Dahl ha riportato sul suo sito ufficiale delle scuse per degli stereotipi antisemiti contenuti in alcuni racconti che Dahl ha in passato dichiarato come conformi a dei pregiudizi che egli stesso nutriva, pur avendo avuto nella sua vita molti amici e colleghi ebrei. Era sbagliato allora, è sbagliato adesso e lo sarà sempre, per questo è giusto riportare il fatto per evitare che stereotipi di questo tipo sopravvivano ulteriormente.