Tre storie ribelli per il 25 aprile

Dal 2010, l’artista tedesco Gunter Demnig sta costruendo il più grande museo a cielo aperto del mondo: quello delle pietre d’inciampo. In tutta Europa sono, a oggi, migliaia e a Milano se ne contano 157. Ne avevamo parlato anche qui. Ognuna, nei suoi 10x10cm, viene posata dall’artista di fronte all’ultima residenza o a un luogo legato alla vita della persona a cui è dedicata la pietra. Per Mino Steiner, avvocato e scrittore partigiano, la pietra si trova vicino al suo ufficio, in Viale Bianca Maria 9, a Milano.

Ogni quadratino di ottone coltiva il ricordo di una persona deportata in un campo di concentramento: sinti, omosessuali, rom e oppositori politici. Affinché l’impegno di uomini e donne senza tomba non vada dimenticato. A tre di queste storie è dedicato il podcast Tre storie ribelli a Milano, di Intreccimedia, casa di produzione nata solo quattro mesi fa, che racconta quattro temi fondamentali: cammini, diritti, memoria, sostenibilità.

Di questi è memoria a raccontarci l’essenza del podcast: “raccontare a voce la memoria, riguarda anche le persone viventi. C’è un legame diretto, quindi il podcast dà voce a chi custodisce la memoria. Ci sono alcuni documenti che sono in mano ai parenti, ma che non possono rimanere lì. C’è anche del rigore storico. La memoria la custodisce chi ha i documenti” come ci hanno spiegato i suoi autori. Ora nella memoria di chi ascolta si custodiranno le vicende degli oppositori politici Alessandro Moneta, Mino Steiner e Ferdinando De Capitani.

Andrea Antoniazzi ha incontrato e intervistato Dario Paradiso, direttore di IntrecciMedia.

Come descriveresti il podcast in una parola? 

Struggente, io penso che possa emozionare veramente chi lo ascolta. Davanti a quelle storie non si può rimanere impassibili

Che significato ha questo podcast per te?

Il significato è dare voce a storie che esistono e che sono meno conosciute di altre e a chi custodisce la memoria. Questi racconti sono custoditi nel cuore delle persone.

La storia di Mino Steiner, a cui è dedicato il secondo episodio, è straordinaria: un avvocato, partigiano e scrittore che si addestra da spia in Algeria e arriva a Genova in un modo rocambolesco. Le storie dei partigiani si assomigliano tutte?

La storia di Mino Steiner è particolare. Nel suo caso vi è una forte storia personale e familiare che lo ha spinto a reagire in questo modo davanti al fascimo. Non tutte le storie sono così, anche il mio bisnonno è stato deportato in un campo di lavoro. I miei bisnonni erano due persone semplici che hanno spontaneamente reagito davanti a un qualcosa che ritenevano sbagliato. Secondo me contavano molto le motivazioni personali, non la semplice voglia di fare qualcosa di straordinario. Poi al giorno d’oggi ci focalizziamo molto sul gesto senza considerare la paura che provano i protagonisti. Schierarsi contro un regime era una scelta ben consapevole, rischiosa e non certo facile.  

Il tempo passa e ci sono sempre meno testimoni diretti della resistenza. Come faranno i giovani a tramandare la memoria?  

La memoria di una vicenda storica è composta da due elementi. Il primo è l’insieme dei documenti storici che danno la base oggettiva dell’evento. Il secondo è il vissuto delle persone: coloro che hanno vissuto sulla propria pelle quei momenti. La carta resta per sempre, mentre invece purtroppo le persone no, ma le storie si possono raccontare e tramandare ad altre persone.  Così la memoria diventa un bene collettivo. Grazie a questo podcast ho conosciuto tante persone, tra cui il custode del palazzo davanti al quale c’è la pietra di Alessandro Moneta. Questo signore non ha voluto essere intervistato ma ci ha raccontato che tutte le settimane pulisce la pietra d’inciampo. É un piccolo gesto ma dal forte valore simbolico. La memoria è fatta di tante piccole cose.

In un’era digitale hanno ancora senso le pietre d’inciampo?

Questa è una bella provocazione a cui rispondo con un’altra provocazione: quanti monumenti storici vengono spesso ignorati perché non sono conosciuti al grande pubblico? 

Secondo me hanno ancora senso di esistere specialmente per le persone che abitano o lavorano davanti a quelle pietre d’inciampo. Loro non possono non notarle. Sta a loro prendersene cura e raccontare agli altri quelle storie. 

Resistenza e attualità, qual è il filo che unisce questi due temi? 

Tutti noi dobbiamo trarre un importante insegnamento dalla resistenza. Quando si ascolta quelle storie ci si dovrebbe sempre chiedere cosa avremmo fatto noi in quella specifica situazione. Quante volte, ogni giorno, riteniamo sbagliata una cosa eppure non agiamo di conseguenza? I partigiani erano persone semplici che hanno reagito davanti a quello che ritenevano sbagliato: il fascismo e la discriminazione razziale. 

Un messaggio per questa giornata del 25 aprile?

Più che un messaggio voglio farvi una richiesta: cercate le pietre d’inciampo ovunque andate, trovatele e chiedetevi il perchè si trovano in quel posto.  E poi soprattutto: informatevi e  leggete le storie delle persone a cui sono dedicate. Fatevene tesoro, senza mai dimenticarle.

Andrea Antoniazzi e Francesca Cesari

Credit immagini: pietredinciampo.eu

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