L’identità dell’individuo è molteplice, paradossale, contraddittoria. Definirla è più difficile di quanto si pensi, anche perché riguarda molti aspetti del soggetto, a partire dal suo corpo, dalle sue relazioni con gli altri e dal contesto in cui è inserito. Il sé non è un ente monolitico che cresce isolato ed estraneo a ciò che lo circonda. La sua è, al contrario, un’identità fragile e porosa, che vive di continui compromessi e negoziazioni, in bilico tra le categorie precostituite.
È questo il quadro emerso dalle tre giornate di approfondimenti dedicati al tema Identity in Progress – Costruzione e decostruzione del sé, nel corso della 7^ edizione del Forum Ferdinando Rossi, tenutasi nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale di Torino tra il 12 e il 14 aprile 2023. I professori e le professoresse ospiti dell’evento hanno contribuito ad offrire una panoramica sul tema dell’identità, che è stato trattato sotto i punti di vista più diversi, dalla storia dell’arte alla sociologia della cultura, dalla storia della filosofia alla psicologia dello sviluppo, dalla letteratura alla psichiatria e alle neuroscienze.
A questi approfondimenti se ne sono aggiunti altri nel corso delle due tavole rotonde organizzate dal Forum, in cui hanno preso la parola studenti e studentesse dell’Università di Torino e della Rete Italiana degli Allievi delle Scuole di Studi Superiori Universitari (RIASISSU), selezionati attraverso una call for abstracts.

Quanto si deve alla natura, quindi alle basi biologiche e neurali degli individui, e quanto invece deriva dalla cultura e dalla socialità nella costruzione dell’identità? Questo è stato il maggior spunto di riflessione della tavola rotonda scientifica, che è stata coordinata da Stefano Zucca, Post-doc presso il Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi di Torino. Il suo intervento si è focalizzato su come il nostro cervello, in particolare quello degli animali, utilizza le informazioni sensoriali e le esperienze passate per guidare gli individui nella scelta del loro partner.
Della relazione tra reti neurali e comportamenti ha parlato anche Shivani Singh, studentessa di Medicina e Chirurgia al Collegio Superiore dell’Università di Bologna, che si è concentrata sugli stereotipi impliciti e quindi sui bias di cui non abbiamo consapevolezza, ma che sono in grado di determinare il nostro comportamento.

La (de)costruzione dell’identità dal punto di vista psicologico e psichiatrico è stata affrontata da Valentin Iftime, studente di Medicina e Chirurgia all’Università di Torino. L’identità è costituita da innumerevoli poli e parti di sé multiformi: solo l’equilibrio di un’autocoscienza che non sia né troppo disgregata né troppo rigida permette di non perdere le sfumature e le dinamiche tipiche di una rappresentazione completa del sé.

La tesi del carattere plurale dell’identità è stata condotta alle estreme conseguenze da Luca Piccolboni, studente di Scienze del Corpo e della Mente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. Luca ha provato a ripensare al corpo umano come a un ecosistema, in un rapporto di dipendenza con altre specie: l’individuo non è un oggetto non divisibile (individuus) come siamo abituati a immaginarlo, ma è composto da una moltitudine di organismi diversi che, come i microbioti presenti nel nostro intestino, contribuiscono alla complessità della persona. Nel corso del dibattito, gli ospiti sono arrivati alla conclusione che la dipendenza nei confronti di altre specie non è solo interna al corpo umano: a livello ecologico, l’individuo dipende anche dall’ambiente circostante, in una prospettiva che amplia notevolmente l’estensione dell’identità individuale, che arriva a comporsi di un’infinità di componenti e attori diversi.

Nella seconda tavola rotonda hanno preso la parola studenti e studentesse di facoltà umanistiche, coordinati dalla dottoranda in Filosofia Teoretica Sara Fontanelli, che ha presentato il suo lavoro di ricerca con un intervento dal titolo Epistemologie queer e Psicoanalisi dei sistemi sociali di identità. Spaziando attraverso cinque campi di studio interdisciplinari, Sara Fontanelli ha proposto un concetto di identità individuale ampliato, un vero e proprio ‘caleidoscopio di identità’, in cui possano rientrare anche ‘corpi non conformi’ come quello di Herculine, case study di un soggetto intersessuale presentato dalla dottoranda.

Gli altri interventi sono ben riusciti a dialogare con quello di Sara, aggiungendo dei tasselli alla decostruzione di un’identità rigida e binaria e aprendo la strada a infiniti modi di costruire il sé. Michele Vinai, studente di Filosofia a Torino, ha sottolineato la centralità della corporeità e del contesto istituzionale, sociale e ambientale nella costruzione del sé.

Silvia Ruggeri, studentessa di Antropologia ed Etnologia al Collegio Superiore dell’Università di Bologna, ha riflettuto su come le soggettività migranti che arrivano ai confini dell’Europa si costruiscano come clandestine, venendo accolte o respinte al confine a seconda del posizionamento politico e giuridico degli Stati.

Anche la studentessa di Lingue e letterature morderne Alessia De Filippis ha trattato il tema delle soggettività migranti, valorizzando una visione anche femminile dell’identità nella migrazione nel suo intervento Disintegrarsi per integrarsi. Narrazione di un’identità ibrida: il caso de “La città degli amori infedeli” (2012) di Najat El Hachmi.

Ad emergere nel corso degli interventi e del dibattito che è seguito è stata l’esigenza di riconoscere la legittimità di abitare, nella società multiculturale e multisessuale contemporanea, identità duplici, multiple e per certi versi ‘scomode’. Identità che all’’o’ dell’esclusione sostituiscono l’’e’ dell’inclusione, in una prospettiva che permetterebbe alle molte soggettività intersessuali e migranti di sentirsi parte della società senza restarne alienate ai margini. Insomma, come ha affermato provocatoriamente Sara, «che ragione c’è di scegliere se tra le possibilità c’è quella di non scegliere, c’è il paradosso, la contraddizione?».
Elena Del Col
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