«Fammi vedere se – utilizzando queste parole come un piccolo stralcio di terra e la mia vita come un pilastro – riesco a costruirti un centro.»
– Qui Miaojin
Vương Quốc Vinh, conosciuto con il nome d’arte Ocean Vương, è un poeta e scrittore vietnamita, cresciuto negli Stati Uniti. Vuong è nato a Ho Chi Minh nel 1988, il nonno materno era un soldato americano che tornò negli Stati Uniti dopo la guerra, lasciando in Asia la moglie e la figlia.
La famiglia dell’autore è spesso al centro di quello che scrive, e a essa spesso nei testi aggiunge elementi di fantasia. «Non credo che potrei mai scrivere le mie memorie, mi piace inventare storie. Per me tutto comincia con l’autobiografia, ma poi subentra il mito». La prima opera pubblicata di Vuong è stata Cielo notturno con fori d’uscita. In parte una lettera d’amore alla madre, in parte mitizzazione della vita del poeta, il libro racconta la storia del figlio queer di una rifugiata vietnamita che lavora in un salone di manicure, cresciuto nel New England facendo i conti con l’eredità della guerra.
Brevemente risplendiamo sulla terra è un romanzo di formazione uscito nel 2020. Little Dog, protagonista, ricostruisce in una lettera alla madre la storia della sua famiglia, segnata dalla guerra del Vietnam e dall’emigrazione negli Stati Uniti. Arrivati in America nel 1990, Little Dog e sua madre Rose si stabiliscono in Connecticut. Little Dog si fa interprete del dialogo impossibile tra l’America e le generazioni della sua famiglia tutta al femminile, che fatica a integrarsi nella cultura americana.

Parlando della madre e della nonna di Little Dog, «Le donne immigrate, che hanno pochissimi beni materiali, che hanno pochissimo potere nella società, decidono di usare il linguaggio perché è gratis, perché è immediato, per rivendicare un controllo sulla propria vita e sulle persone che amano».
La sua raccolta uscente, Time is a mother, è nata dal suo dolore a seguito della perdita della madre, morta nel 2019. Qui compare quello che succede quando esprime tutto se stesso su una pagina: scrivere lo ha liberato. I primi libri di Vuong erano austeri, ora tutto è più pop, rinunciando al controllo stretto sulla lingua e permettendosi più ‘caos e cadute’. Vuong insegna poesia all’università del Massachusetts ad Amherst: «Ai miei studenti dico sempre: state scolpendo il linguaggio tanto quanto lo state creando. Quello che non dite racconta ancora di più di quello che dite».
Vuong non riesce a ritrovarsi nella lingua inglese, sempre più violenta e arida, dove si usano anche frasi come ‘You killed it / You smashed it’ per dire che una persona fa una cosa molto bene. «Il Vietnam è un paese in guerra da duemila anni. C’è una così grande consapevolezza della morte e della violenza che parlarne è tabù. Dire ‘morte’ significa farla entrare.». Gli Stati Uniti sono un paese relativamente giovane, ma il loro potere economico e il mito del loro benessere ingannano: secondo Vuong oggi gli Americani pensano di avere una lunga storia alle spalle. «C’è dell’arroganza in questo, non riescono a riconoscere che il Vietnam, come altri paesi, sono molto più avanti spiritualmente». L’opera degli scrittori non bianchi è vista spesso come ‘un bus turistico’, strumento di assoluzione morale per gli occidentali quando si verificano orrori per i quali non si è preparati o con i quali non si vuole più fare i conti. «Per quale motivo è necessario leggere delle nostre vite per sentire che vale la pena preservarle?».
La scrittura di Vuong è intimità e vulnerabilità. «Le persone dimenticano quanto la mia presenza sia contraria ai loro interessi. L’invisibilità, che è un ostacolo costante per gli asiatico-americani, è un vantaggio perché mi permette di osservare chiunque. Sta a me trasformare questa limitazione in un superpotere».
«Quando finisce una guerra? Quando potrò pronunciare il tuo nome
da Brevemente risplendiamo sulla terra
e fare in modo che combaci solo con il tuo nome
e non con tutto ciò che ti sei lasciata alle spalle?»
Marta Schiavone