In una serata d’autunno del 2019 Stefano Calzà, studente trentino di sociologia, durante un suo viaggio in Bosnia rimane folgorato dai racconti di un amico di nome Alessio. Gli racconta di esperienze incredibili, di luoghi mai visti e inimmaginabili che ha vissuto partecipando al Mongol Rally. Si tratta di un’iniziativa non competitiva a scopo benefico creata da The adventurists. L’idea è quella di riprendere il viaggio che le carovane d’aiuto percorrevano per portare sussidi alla Mongolia dall’Europa. Per partecipare bisogna formare un team, guidare una macchina di cilindrata inferiore a mille e duecento, raccogliere almeno mille euro da devolvere in beneficenza. Lo scopo è raggiungere la Mongolia, non importa come e in quanto tempo, il tragitto non è prefissato. Stefano tornato a Trento racconta tutto al suo amico Pietro Deavi durante un’escursione in montagna. Poco tempo dopo i due decidono di iscriversi al Rally e di creare i Mongol Broders.

Il team formato da Pietro, Stefano e Sindy, una Suzuki Wagon blu del 2000, si è posto come obiettivo quello di partire il 18 luglio 2022. Un anno e mezzo di tempo per organizzare il viaggio, cercare dei partner che supportino il progetto e raccogliere i soldi da convertire in beneficenza. Quest’ultimo elemento è rappresentativo dello spirito del Rally ed è necessario affinché l’iscrizione all’iniziativa giunga a buon fine. Cinquecento euro devono essere donati obbligatoriamente a CoolEarth, che si occupa di riforestazione e tutela delle comunità che abitano le foreste pluviali. La restante metà è diretta a un ente benefico a scelta. I Mongol Broders hanno deciso di supportare Operazione Colomba, corpo di pace della comunità Papa Giovanni XXIII che opera nel campo profughi libanese di Tel Abbas, dove vivono in condizioni di fragilità profughi provenienti prevalentemente dalla Siria.

Il viaggio d’andata durerà un mese e mezzo, si partirà da Praga con meta i Balcani per poi percorrere Grecia, Turchia e Georgia, sino ad arrivare al Mar Caspio. Da lì l’idea è quella di scendere verso l’Iran, il Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan. Infine, Russia e Mongolia. Arrivati a destinazione ci vorranno 2 settimane per tornare in Italia.
Non è la prima volta che il Polo Positivo racconta un Mongol Rally, abbiamo portato anche la testimonianza dei Canestrally, ma ogni viaggio è diverso come ha ricordato Stefano: «ogni team sceglie il percorso in base a quali sono le sue esigenze e obiettivi, il nostro è quello di vedere con i nostri occhi terre dimenticate dall’occidente e scontrarsi con luoghi remoti».
Il cuore pulsante del viaggio è la scoperta di altre culture, la voglia di conoscere, di confrontarsi e di raccontare tramite la scrittura e la fotografia. Vivere cercando scenari scomodi e inediti, ricercando il sapore di libertà. Non a caso è stato scelto un itinerario il più variegato possibile in termini di differenze culturali e geografiche. Tutto questo per poi raccontare l’uscita dalla comfort zone, cercare al ritorno di restituire le ricchezze antropologiche raccolte nei due mesi di percorso.


Non si tratta solamente di ricercare paesaggi esotici, inusuali, ma anche di scontro con delle realtà che ci sono ignote, totalmente aliene alla nostra vita quotidiana. Nel bagagliaio di Sindy non mancheranno regali e giocattoli da lasciare ai bambini durante il percorso nei luoghi più remoti, dove le distanze geografiche e sociali limitano le vite. Stefano e Pietro sono mossi da luoghi, persone, culture, storie diverse di posti mai visti. Manca solo un anno all’inizio vero e proprio della loro avventura, ma le basi sono solide per poter arrivare alla meta.
Paolo di Cera