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Recentemente ho partecipato a un incontro per le associazioni giovanili della mia città, ci siamo confrontati su come avessimo vissuto il volontariato durante la pandemia e su quale fosse stata la risposta di bambini e ragazzi. Nonostante fossimo tutti educatori ed educatrici di realtà molto diverse abbiamo dato rimandi molto simili. Eravamo tutti entusiasti (e sollevati) di essere tornati a vederci dal vivo dopo un lungo periodo di pausa o di attività online, dove è stato difficile mantenere vivo il rapporto con i ragazzi in un momento in cui loro stessi tendevano a isolarsi sempre di più. La stessa situazione si è verificata a scuola, tanto che molti insegnanti hanno faticato a raggiungere alcuni alunni, spesso sentendosi impreparati nel gestire le situazioni di disagio. Ci si è resi ancora più consapevoli di quanto la scuola non debba essere solo un luogo in cui si apprendono nozioni, ma uno spazio che tuteli, ascolti e sostenga i ragazzi.
Nel 2016, a un’assemblea di istituto in un liceo di Novara, Vittoria Avogadro e Alessandro Buffelli avevano proposto un laboratorio per riflettere sulle azioni delle parole, su quanto queste possano condizionare chi le riceve: è stato un successo, si è sentita la necessità di parlare di stati d’animo e di salute mentale tra ragazzi. Così nel 2017 è nata StayAleeve, associazione che si basa proprio sulla prevenzione, l’ascolto e il confronto tra giovani su temi che spesso non vengono del tutto affrontati con gli adulti, perché ancora taboo.

Vittoria e Alice sono due volontarie dell’associazione, composta da ragazzi e ragazze tra i 19 e i 28 anni che provengono da tutta Italia. «Ci siamo messi negli anni a scrivere opuscoli per raccontare di noi e a partecipare a eventi per conoscere molte persone». Come reagiscono le persone quando capiscono che dei ragazzi vogliono proporre una riflessione sul suicidio e sulla salute mentale? «C’è chi ha reagito minimizzando il nostro scopo, dicendo che siamo inesperti e un’associazione fra tante, e chi invece rimane molto colpito per il nostro coraggio e per il nostro impegno».
«Spesso le persone credono erroneamente che offriamo supporto psicologico: il nostro obiettivo è quello di fare prevenzione, parlare di salute mentale ai ragazzi e cercare di capire insieme a loro che cosa si possa fare in una situazione di pericolo. Seguiamo il protocollo della Croce Rossa e siamo sempre in contatto con loro per avere un punto di riferimento per le emergenze».



StayAleeve si concentra però soprattutto sul dialogo con i giovani, ormai non più solo a Novara ma anche in varie regioni d’Italia. «Di solito se qualcuno ci contatta, specialmente nelle scuole, è perché si tratta di una realtà in cui si sono vissuti da vicino i temi della depressione, del suicidio, dei disturbi mentali e alimentari. Una volta abbiamo organizzato un evento ad Aosta contattati da una mamma di un ragazzo che si era tolto la vita, probabilmente perché aveva sentito il bisogno che la scuola di suo figlio ne parlasse». Siamo ancora in una fase in cui non si sente la necessità di prevenire il problema, e spesso è la scuola stessa a non volerne parlare perché a disagio con i temi: «Come la scuola obbliga a seguire il corso per la sicurezza, così dovrebbe impegnarsi a proporre incontri legati alla salute mentale, proprio per smontare i pregiudizi e i timori che ruotano attorno a essa».
I volontari di StayAleeve propongono diverse attività in base alla fascia d’età. «Di solito cominciamo con degli esempi, mostrando profili di persone che sono state fondamentali per la storia di qualcun altro. Poi chiediamo direttamente loro cosa farebbero in alcuni casi e alla fine siamo noi a dare consigli su cosa fare. Spesso sono i ragazzi stessi che ci chiedono consigli, ci raccontano di esperienze personali: quello che ci entusiasma sempre è vedere come i ragazzi parlino apertamente di queste tematiche sensibili e importanti, affrontando il tutto come un problema serio che si può risolvere».
In Italia non esistono altre associazioni del genere che propongono temi e confronti su questi temi. Ci sono degli sportelli d’ascolto gestiti da esperti che però spesso usano un linguaggio tecnico e arretrato che porta i ragazzi ad avere timore nel parlarne. «Uno dei nostri punti di forza è che noi facciamo peer education, costruiamo cioè una relazione alla pari, essendo anche noi molto giovani. Cerchiamo di usare una comunicazione giovane e aperta, non giudicante. Ci piace immaginare – e spesso ne abbiamo la conferma – che chi si trova in difficoltà o chi vede amici in situazioni di disagio ci veda come una spinta per chiedere aiuto, leggendo i nostri contenuti sui social o partecipando a un nostro incontro».
«Ultimamente c’è stato un miglioramento, specialmente tra noi giovani, nell’affrontare temi prima considerati scomodi. Si arriverà ad avere sempre maggiore formazione a riguardo, specialmente grazie al contributo di noi più giovani che stiamo cercando di affrontare diversamente il tema». Tutti ci prendiamo cura del nostro organismo, delle nostre mani, delle nostre gambe, dei nostri occhi: dovremmo fare lo stesso con la nostra mente. Probabilmente infatti il cambiamento sarà visibile a tutti e tutte quando prenderemo più consapevolezza che la salute mentale è anche salute del corpo.
Nota: per proporsi come volontari di StayAleeve clicca qui + email info@stayaleeve.org, scrivendo una breve presentazione di sé
Marta Schiavone
© Credit immagini: Courtesy StayAleeve + link