Loujain al-Hathloul, la donna che spaventa il regime saudita

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L’attivista e femminista Loujain al-Hathloul si batte da anni per i diritti delle donne saudite. Dopo oltre mille giorni di carcere è tornata in libertà il 10 febbraio 2021. 

Arrestata nel maggio 2018, a fine 2020 Loujain al-Hathloul era stata condannata a cinque anni e otto mesi per spionaggio in favore di una potenza straniera e cospirazione contro il regno saudita. Loujain è stata portata in giudizio davanti al tribunale penale, essendo accusata di ‘aver contattato organizzazioni internazionali’. Al-Hathloul è stata processata e condannata da un tribunale specializzato: il regime teme tanto il femminismo da considerarlo una forma di terrorismo. In carcere Al-Hathloul ha subito maltrattamenti, torture e violenza sessuale. 

Loujain al-Hathloul è stata scarcerata, ma non è ancora libera. La sua scarcerazione non è stata una decisione presa totalmente con buoni propositi: il suo coraggio e il suo rifiuto di piegarsi a dinamiche politiche l’hanno resa scomoda all’interno del carcere stesso, tanto che le autorità l’hanno temporaneamente rilasciata, costringendola però al silenzio forzato e a rimanere nel Paese d’origine. 

Il coraggio e la tenacia di Al-Hathloul sono un intralcio per il regime saudita sin dal 2014, quando a 25 anni fu arrestata per la prima volta mentre cercava di attraversare alla guida di un’automobile il confine tra gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. 

Insieme ad altre attiviste dei diritti umani, Loujain al-Hathloul stava conducendo una campagna pacifica per il diritto alla guida, con il movimento Women to drive, per porre fine al sistema di tutela maschile e per reclamare la parità di genere anche in Arabia Saudita. 

Ad oggi dodici donne sono ancora sotto processo, quattro sono in carcere. Loujain al-Hathloul e le compagne sono prigioniere di coscienza, detenute per il loro pacifico battersi a favore dei diritti umani.

Nel maggio 2018 il principe Mohammed bin Salman, proclamatosi più volte emancipatore delle donne, aveva ordinato l’arresto di alcune attiviste, tra cui Al-Hathloul. Non è stato un caso che le donne del movimento Women to drive siano state incarcerate pochi giorni prima dell’abolizione del divieto della guida per le donne: si voleva rendere chiaro che non era stata la coraggiosa campagna femminista a ottenere l’abolizione del divieto, bensì la magnanimità del principe ‘riformista’. Permettere alle donne di celebrare il momento storico come una vittoria del loro impegno avrebbe alimentato l’idea che nello Stato saudita l’attivismo funzioni per davvero. Con l’arresto è passato il concetto che la Libertà è una concessione (dei potenti), non una conquista (delle attiviste). 

Ma il movimento Women to drive è sempre andato oltre l’abolizione del divieto di guida: si batte per l’abolizione del sistema di custodia nel suo complesso, secondo il quale le donne necessitano dell’approvazione di un padre, un fratello o anche un figlio per poter viaggiare, studiare, sposarsi.
Da pochi anni il regime ha iniziato lentamente a smantellare il sistema patriarcale. Ma a promuovere i cambiamenti non è un principe ereditario che si dichiara emancipatore; le vere agenti del cambiamento sono le femministe che lui stesso ha incarcerato: la rivoluzione scatenata da attiviste come Loujain al-Hathloul ha aperto una breccia nel sistema.

Marta Schiavone

© Credit immagini: link + link

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