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Mai come in questo momento storico abbiamo bisogno di Bellezza, me ne sono accorta nella vita quotidiana ritirata e introversa della pandemia, è un ingrediente essenziale per progettare e avere uno slancio positivo verso il futuro.
Oggi parliamo di Educare alla Bellezza, progetto che fonda le radici sul valore della Bellezza, con Antonio Roma, Presidente dell’Associazione, e Federica Agrò, membro del CDA.
Cos’è per voi la Bellezza?
Federica: «È la libertà di condividere un’idea. La libertà di poter raccontare storie che non vengono raccontate. La Bellezza è poter parlare di Sarajevo per la prima volta a persone che non sanno dove si trova, e vederle uscire dopo lo spettacolo con le lacrime. La Bellezza è il tramonto al mare. La Bellezza è tutto quello che ti dà la soddisfazione di dire: ‘Oggi mi sono alzato per un motivo’».
Penso anch’io che la Bellezza si condivida. Ed è anche quello che permette di progettare, guardare in alto, e di avere uno slancio positivo verso il futuro.
Antonio: «Sono d’accordo: per me la bellezza è utopia. E l’utopia è molto più concreta, convincente, credibile e consapevole di quanto si possa immaginare. Credo che la Bellezza sia davvero aggrapparsi con tenacia e resilienza all’utopia. Educare alla Bellezza è utopia che si possano approfondire determinate storie per condividerle. La Bellezza è avere la possibilità di portare all’Associazione ciò che ho scritto e di creare così un’opportunità di confronto».

Come è nata Educare alla Bellezza?
A: «Siamo nati 4 anni fa da un’idea condivisa insieme ad amici – Federica Agrò, Filippo Borgia, Francesco Di Donna e mio fratello Mario Roma – e nel 2019 siamo divenuti Associazione. L’obiettivo? Portare il Mediterraneo al centro del dibattito politico, culturale e sociale. Siamo convinti che il Mediterraneo, sostrato del nostro itinerario artistico, è un patrimonio indelebile della cultura italiana ed europea. Patrimonio che costituisce, senza ombra di dubbio, un’opportunità tout court per le generazioni che abitano il presente e per quelle che lo abiteranno. Mediterraneo e Bellezza sono parole che, se allontanate dall’abusato cliché, mostrano con un realismo scottante l’umanità cosmopolita e dinamicamente mutante, errante e resiliente. Educare al significato autentico delle parole Mediterraneo e Bellezza significa avere una chiara, concreta intenzione pedagogica, fondata sui principi dell’educazione non formale».
Qual è l’origine del progetto, da dove nasce la sensibilità particolare per la questione dei Balcani?
A: «Nel 2013 vado a Sarajevo e nel Nord della Bosnia. Qui inizio un lavoro di cooperazione con un’Associazione di Novara, con Andrea Confalonieri e Valentina Seguazzini; l’esperienza dura tre anni».
Immagino che tu fossi emotivamente coinvolto da questa realtà così vicina a noi, ma così poco conosciuta.
A: «Sì, tantissimo. Conoscerla mi ha cambiato la vita. Dopo tre anni, scrivo il libro Oggi è un bel giorno che racconta Sarajevo vent’anni dopo la fine dell’assedio.
Il desiderio era trasformare il contenuto del libro in un monologo di teatro civile da portare nei teatri italiani.
E grazie a Filippo tecnico di luci e fonico, Federica deus ex machina che si occupa della comunicazione, Francesco esperto di legalità e Mario esperto in arti visive siamo riusciti a realizzarlo.
L’idea ha origine da un’esperienza personale che diventa esperienza collettiva. Credo che la Bellezza sia proprio questo: trasformare il tuo sogno e la tua utopia in un sogno condiviso. Nel momento in cui il sogno e l’utopia diventano collettivi, si trasforma in qualcosa di nuovo e di più grande».
Che cos’è il Teatro Civile?
A: «Il teatro civile prima di tutto accoglie le testimonianza. E’ il teatro di narrazione che puoi ascoltare anche a occhi chiusi».
Dove è arrivato Oggi è un bel giorno?
F: «Il bello del teatro civile è che si può fare ovunque, lo abbiamo fatto nelle università, nei teatri e anche in un mercato.
Oggi è un bel giorno è patrocinato da Amnesty International Italia e selezionato al Sarajevo Winter Festival, è stato a Trieste, Milano, Brescia, Novara, Pisa, Palermo. Nell’ultima data a Gennaio 2020 era evento d’apertura di Parma città della Cultura 2020 e ha fatto sold out».

Chi sono i vostri miti?
A: «Due su tutti. Peppino Impastato e Alexander Langer. Lui è l’uomo guidato da un utopia, e quando viene meno l’utopia viene meno anche Alexander».
In che modo il progetto si è evoluto e adattato alla pandemia?
F: «La nostra è l’età in cui si scende in piazza e si combatte per le proprie idee. E invece a causa del momento storico straordinario, ci siamo trovati all’improvviso a trascorrere molto del nostro tempo a casa. Penso che questo ci abbia dato una nuova forza. Adesso più che mai, sentiamo la necessità di essere quelli il cui nome è più forte della presenza reale. Mi spiego meglio: una volta Educare alla Bellezza non esisteva se non eravamo tutti dentro una stanza. Adesso invece l’idea e il progetto sono più forti delle persone. Per esempio, tu Valeria sei arrivata da noi senza conoscerci. Questa per noi è una grande soddisfazione, vuol dire che il progetto ha risonanza e che c’è un bisogno e una curiosità spontanea che viene dall’esterno».
Che significato ha il vostro logo, il dado con quattro facce?
F: «Le quattro facce rappresentano i capisaldi di Educare alla Bellezza: Mediterraneo, Memoria, Umanità e Scrittura».
A: «Sono le quattro parole attorno e sopra le quali abbiamo costruito il progetto. Accanto a Mediterraneo, ci sono Memoria e Scrittura, parole che si tengono per mano, e Umanità, parola che, come Mediterraneo e Bellezza, richiede la maiuscola.
La Memoria ha bisogno della mediazione maieutica della Scrittura.
Umanità è ciò da cui non possiamo prescindere».
Perchè le maiuscole sono importanti?
A: «La questione delle maiuscole è interessante. Non bisogna usare sempre le maiuscole, dipende dal concetto e dal contesto. La cosa più difficile è imparare a scrivere con le maiuscole. Insegno ai ragazzi delle superiori, delle medie e delle elementari a riflettere sul significato delle maiuscole. Penso che la maiuscola vada meritata. Educare alla Bellezza è anche educare al lessico».
Sicuramente se non si hanno le parole per descrivere un concetto, non esiste neanche il concetto. Il lessico è fondamentale.
F: «Sono le parole, che ci permettono di descrivere chi siamo nel modo più efficace».
Com’è organizzata l’Associazione?
A: «Devi immaginarla come un’unica realtà che contiene tre gruppi: la direzione politica che si esprime nel blog attraverso Nautilus, quella artistico/teatrale che risponde al gruppo professionistico e quella comunicativa che gestisce la comunicazione del progetto verso l’esterno. Ciascuno dei tre filoni porta avanti i propri obiettivi, condividendo però la stessa missione».

Parlate insieme di utopia e battaglia politica: bello sentire queste due parole insieme, anche oggi che sembrano essere mondi lontani.
F: «Si, perchè quello che raccontiamo non vogliamo che riaccada. C’è bisogno di lottare. Antonio è la linfa di tutto questo. Porta dentro di sé il peso delle testimonianze: ascolta le vittime e trasforma il dolore delle testimonianze in bellezza. Una specie di compostiera che trasforma il brutto in fiori. L’intento è rendere consapevoli le persone. Se anche una sola persona esce dal momento di condivisione con una consapevolezza in più, allora il lavoro che abbiamo fatto è enorme. Antonio è una persona estremamente quadrata e razionale, ma ciò che lo guida è l’utopia».
A: «La nostra è un’associazione di promozione sociale, quindi porta avanti battaglie politiche e sociali. Ci sono battaglie che sono fortemente mediterranee e fortemente politiche. La questione ambientale per esempio ci tocca da vicino, la sentiamo tra le più stringenti.
Ancora oggi c’è una difficoltà di fondo nel relazionarsi a chi è diverso: è una battaglia Umana. Ed è anche Umana la questione dei migranti. Abbiamo fatto una spettacolo che si chiama Falene che fa riflettere sui migranti di oggi, raccontando di quando i migranti eravamo noi».
Il vostro sogno a lungo termine?
A: «Che l’associazione diventasse capace di accogliere e accettare le sfide che ciascun membro vuole portare a termine».
F: «Io vorrei vedere Educare la Bellezza sana dall’esterno. Il mio sogno è che mi possa un giorno allontanare e vederla con gli stessi ideali e con la stessa forza andare avanti. L’obiettivo è che l’idea sia più forte delle persone che l’hanno realizzata!»
F & A: Grazie, è stata una bellissima occasione».
Sì, è stato un bell’incontro,
e come scrive Susanna Tamaro,
abbiamo bisogno di guardare il mondo con: «[…]occhi doppi: quelli del corpo e quelli dell’anima, […] perché solo lo stupore per l’armonia e la bellezza che ci circonda ci potrà riportare al cuore caldo della nostra umanità».
Grazie Federica e Antonio!
Valeria Molinari
© Credit immagini: Alice Ponti, scatti durante lo spettacolo Tra le corde di un’altalena.
Molto interessante!