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In Sudafrica, durante l’apartheid, la musica ha avuto un ruolo fondamentale.
Tra Peter Gabriel, che con la sua Biko fu il primo grande artista internazionale a parlare del problema nel mondo occidentale, e le canzoni tradizionali della cultura africana, c’è stato però un artista che più degli altri ha saputo unire gli animi di quelle persone.

Di lui, al di là della sua musica, si sapeva davvero poco. Si conosceva il suo nome, Rodriguez, e si sapeva che era americano.
All’epoca giravano due suoi album: Cold Fact pubblicato nel 1971 e After The Fact uscito cinque anni più tardi. Entrambi subirono forti censure da parte dei segregazionisti, ma riuscirono lo stesso ad avere un’enorme diffusione grazie al passaparola e alle copie pirata su musicassetta.

I suoi testi contro il potere, i pregiudizi, sempre dalla parte dei deboli e degli esclusi, diventano il simbolo della lotta all’oppressione e fanno sì che l’autore acquisti fra i neri una fama tale da renderlo più famoso perfino di Elvis.
L’unico problema è che Sixto Rodriguez è completamente all’oscuro di questo successo, nessuno sa come trovarlo, come entrare in contatto con lui. Tanto che iniziano a circolare voci che lo vogliono morto di overdose, che sia impazzito e rinchiuso in manicomio o che si sia suicidato dandosi fuoco sul palco.
Finché nel 1997 un suo fan e un giornalista musicale realizzano un sito web per cercare sue notizie.

L’anno seguente i due ricevono una email da parte di una ragazza che dichiara di essere la figlia di Rodriguez, che il padre è vivo e fa l’operaio negli Stati Uniti. Vengono immediatamente messi in contatto con l’artista e decidono di organizzare un tour di sei date in Sudafrica.
Rodriguez, che per tutti ormai era rimasto solo Sixto, aveva ormai deciso di abbandonare la carriera da musicista, dedicandosi alla famiglia e a condurre una vita normale.

Infatti, quando arriva a Città del Capo è accompagnato dalle tre figlie e dalla sua chitarra.
Ma ad attenderlo c’è un paese intero che lo stava aspettando da più di vent’anni, un popolo per il quale rappresentava più che un semplice musicista, ma che allo stesso tempo ha saputo fare il regalo più grande che si possa fare a un uomo, prima ancora che a un cantautore: l’opportunità di ricominciare a vivere, di continuare un sogno da cui pensava di essersi dovuto svegliare.
Francesco Castiglioni
Uno docu film musicale che ho apprezzato tantissimo! Lo suggerisco sempre a molti “Searching for Sugar Man”