Oggi incontriamo Francesca Marson, la creatrice del blog Nuvole d’inchiostro.
Raccontaci un po’ di te
«Sono nata a Genova, la mia amata città di mare. Dopo una laurea in Lingue e Letterature straniere a Genova e la magistrale a Milano ho seguito il Master in Editoria organizzato da Fondazione Mondadori in collaborazione con Aie (Associazione Italiana Editori) e Università Statale di Milano. Ho iniziato così ad avvicinarmi a tutti i mestieri che compongono la filiera editoriale.
È stato anche grazie al master che ho capito di voler fare l’ufficio stampa editoriale, ossia la figura che cerca i lettori giusti per i libri e gli autori di cui si cui si prende cura attraverso l’utilizzo di vari strumenti (recensioni su giornali, riviste, inserti culturali, presentazioni in libreria, fiere e saloni).
Terminato il master ho fatto uno stage presso una casa editrice di Torino, concluso il quale sono stata assunta – dopo svariati colloqui – in una altrettanto prestigiosa casa editrice di Milano.»
Come hai deciso di aprire un blog?
«Durante gli studi seguivo numerose persone che avevano canali YouTube e blog letterari. Così, all’ultimo anno di università, il 26 marzo 2014, ho deciso di creare il mio blog Nuvole d’inchiostro, principalmente dedicato ai libri. Contestualmente ho aperto le pagine social (io che non ne avevo mai avuti…) e così nella mia vita sono entrati Facebook, Twitter e Instagram. Quest’ultimo ha il peso maggiore, anche perché, grazie alle stories, riesco ad avere un contatto diretto con i lettori.»
Cosa racconti nel tuo blog?
«I libri la fanno nettamente da padrone, negli anni però ho cominciato a parlare anche di argomenti più personali: viaggi, ristoranti consigliati, quali librerie visitare nelle varie città, fino ai film e alle serie TV da seguire. Quando per lavoro ho iniziato a fare avanti e indietro ogni giorno tra Torino e Milano ho deciso di raccontare le disavventure dei pendolari: ho creato l’hashtag #vitadapendolare, che fornisce consigli di lettura nati anche dal mio gironzolare tra gli scaffali di Feltrinelli in Stazione Centrale, divenuta la mia seconda casa.»
Come è nata la rubrica «Dillo a nuvole»?
«Durante il lockdown ho usato Instagram per abbattere la distanza e cercare di stare più vicina alle persone che mi seguivano. Così ho dato il via a una rubrica settimanale dal nome Dillo a Nuvole, un box di domande nelle stories di Instagram.
Ci troviamo ogni domenica: molte persone mi chiedono pareri letterari, consigli in materia di libri ed editoria, ma anche suggerimenti professionali, ad esempio per accedere al Master in Editoria – argomento molto gettonato, a cui poi ho dedicato un articolo nel blog: Guida al master in editoria – si parla anche di serie TV, film, curiosità personali, viaggi, lifestyle e focaccia (mia grande passione, da buona ligure).»

Grazie al tuo blog sei riuscita a parlare anche di una questione molto delicata che ha colpito la tua famiglia…
«Sono molto riservata e ho sempre tutelato la mia privacy e quella di chi mi sta accanto. Purtroppo, il 2020 è stato un anno difficile per tutti; per me anche a livello personale: per via di un mesotelioma pleurico – tumore raro che colpisce la membrana che riveste i polmoni e la parete interna del torace e si sviluppa a causa dell’esposizione all’amianto – è mancato mio suocero Oscar Peano.
Quando è successo mi è venuto in mente il titolo di un libro di Peter Cameron – Un giorno questo dolore ti sarà utile – che a sua volta riprende il detto latino di Ovidio: dolor hic tibi proderit olim.
E da lì insieme al mio fidanzato Marco ho pensato: come possiamo trasformare il nostro dolore in qualcosa di buono?
Dopo il funerale alcune persone ci hanno chiesto se si poteva fare un’offerta in ricordo di mio suocero e allora mi sono detta, no, facciamo una cosa più strutturata, che si è poi concretizzata in una vera e propria raccolta fondi per la Fondazione Buzzi Unicem di Casale Monferrato: volevamo che fosse specificatamente destinata alla ricerca sul mesotelioma pleurico, il tumore che ci aveva portato via Oscar.

A un certo punto, nel bel mezzo della raccolta, mi sono stati posti due interrogativi che mi hanno fatto riflettere sul forte bisogno di sensibilizzare le persone circa le patologie meno comuni.
Prima domanda: ‘Che senso ha fare una raccolta fondi per una malattia rara?’
Il fatto che una malattia sia rara, sembra superfluo dirlo ma è necessario sottolinearlo, non ne lede l’importanza. In questo anno così complesso, dove il Covid-19 ha monopolizzato il discorso pubblico, è bene ricordare e ricordarsi che le altre malattie non si sono fermate. Anzi, purtroppo sono avanzate.
Seconda domanda: ‘Che senso ha dedicare una raccolta fondi a una malattia causata dall’amianto, materiale vietato in Italia dal 1992?’
La caratteristica subdola del mesotelioma pleurico è data dal lungo tempo di latenza, cioè il periodo che intercorre tra l’esposizione all’amianto e l’insorgere della malattia, che va dai 20 ai 50 anni. Inoltre, l’amianto è ancora presente nelle case, nelle fabbriche, nei tetti, nelle scuole… purtroppo c’è ancora tanto da fare.
Hanno aderito a questa raccolta scrittori, conduttori, divulgatori scientifici, influencer, ma anche molte persone che avevano perso un loro caro per colpa dell’amianto, e altrettante che invece non avevano mai sentito parlare di questa malattia. A campagna conclusa, in una decina di giorni, abbiamo raccolto più di 13.000 euro: la Fondazione Buzzi Unicem era molto colpita perché mai, partendo da una storia comune come quella di Oscar, si era riusciti a sensibilizzare tanto l’opinione pubblica.
L’abbraccio che abbiamo ricevuto – Marco e io – è stato a dir poco sorprendente. Ci ha aiutati ad attenuare quel senso di solitudine tipico delle famiglie che devono affrontare una malattia rara. Qualcosa che non ci dimenticheremo e che speriamo – con il passare degli anni – potrà farci dire che sì, quel dolore ci è stato utile.»
Elena Antognozzi
© Credit immagini: Courtesy Nuvole d’Inchiostro