Come mai un inno alla solitudine? Si potrebbe scherzare, si potrebbe dire che da soli non c’è bisogno di profumarsi né di parlare bene, né di corteggiare nessuno. A questo punto diventerebbe un panegirico all’onanismo, piuttosto che della solitudine. Intendiamoci, non ho nulla in contrario…il fatto è che attraverso la mia abbastanza lunga esperienza di essere umano mi sono reso conto che forse in fin dei conti quando si può, e anche quando non si può è più conveniente vivere il più possibile appartati. Si ha più accordo con il ‘circostante’. Il circostante non è fatto soltanto dai nostri simili, è fatto di alberi, di cose, di animali. Accordandoci con il circostante si ha anche la possibilità di ‘impararsi’ meglio, di conoscersi meglio. Conoscendosi meglio si riesce più facilmente a pensare di risolvere i propri problemi, e forse anche quelli degli altri.
Ora, sono l’ultima persona, l’ultimo di quei cinque miliardi di esseri umani che possa dare un consiglio a qualcuno: me ne vergognerei. Però, sempre per esperienza, io dico che più si vive da soli e meglio si vive. […] Non vuole essere un panegirico della solitudine in senso assoluto, dell’anacoretismo, del romitaggio. Sono il primo a dire che ho molti bisogni da espletare, e questi bisogni li espleto di solito quando sono in contatto coi miei simili. Sono bisogni di carattere spirituale, di carattere economico, di carattere sessuale, di carattere culturale, certe volte. Ma una volta che sono espletati questi bisogni, direi che tutto sommato è meglio tornarsene a vivere in contemplazione di sé stessi. Questo è ciò che ho imparato e mi permetto di estenderlo anche a voi.
(Fabrizio De André, 1996)
Con queste parole Fabrizio De André, durante un concerto, spiega il significato dell’album appena pubblicato, tramite l’omonima traccia: Anime Salve, etimologicamente parlando Anime Solitarie.
In questi momenti, isolati gli uni dagli altri, senza atti d’amore, senza calma di vento, restiamo in attesa, senza piani, senza le mansuetudini di una normale routine quotidiana. Anime Salve è riuscita a mettere un po’ di ordine nel marasma caotico dei miei pensieri.
Fatte queste premesse, estrapolate dal discorso di De André cosa pensate vi sia più alieno; cosa vi rende inquieti; o cosa vi è più caro. E poi ascoltate Anime Salve.
La canzone si concentra sulla vista, sulla contemplazione di ciò che ci è più intimo: sull’introspezione. Ci chiniamo e avviciniamo il nostro occhio destro alla serratura della nostra interiorità: da qui si può scrutare il passato (mille anni al mondo, mille ancora) e poi il futuro. Da qui l’anima appare sconnessa, distaccata dal nostro corpo (un bell’inganno). L’occhio contempla i momenti belli – come i giorni di finestre adornate – e i momenti meno felici; tra questi, queste nostre giornate di fine marzo, giornate furibonde, senza atti d’amore, senza calma di vento.
Ormai orfani di scegliere se dedicarci agli altri o a noi stessi, senza la possibilità di rinunciare a una per assecondare l’altra, asserragliati nelle nostre case senza via d’uscita, ecco che tentare di convivere con noi stessi potrebbe risultare un gesto obbligato, ma da cui potremmo uscire più umani e consapevoli.
Finalmente, da questi attimi di sola attesa (solo passaggi e passaggi, passaggi di tempo) possiamo spiarci di illuderci e fallire.
Mi sono guardato piangere in uno specchio di neve,
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo.
Ti saluto dai paesi di domani
che sono visioni di anime contadine
in volo per il mondo
(Fabrizio De André, Anime Salve)
Pietro Battaglini
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