Una volta mi sono trovato seduto al bar con uno scrittore milanese. Avevo bisogno di essere incoraggiato, ma lui non lo aveva capito, o forse sì, e semplicemente non voleva farlo. Mi spiegava come si deve scrivere la poesia e io lo guardavo con occhi stupiti. Se davvero si faceva in quel modo, allora io non ci avevo capito proprio niente. Poi mi sono ricordato di un documentario che avevo visto su youtube tempo fa: Alda Merini – La poetessa dei Navigli.
Per lei la poesia non era una ricerca ansiosa, ma aspettare ed essere trovati. Dissi a questo signore, con un po’ di ingenuità, che forse c’erano più modi di scrivere, citandole la Merini come esempio alternativo, e lui mi guardò quasi offeso, eppure finalmente presente, e rispose con delle parole che ricordo ancora: «Ah Alda Merini, la poetessa dei mass media…».
Forse Alda Merini è stata davvero la poetessa dei mass media, è vero, ma non credo si sarebbe risentita di questa particolare definizione. Anzi, ci avrebbe sorriso con aria sognante. In fondo, l’avrebbe presa come un complimento.
Alda Merini è stata una donna che ha vissuto. Ha avuto un’esistenza tormentata, ha sofferto, ha sbagliato, come tutti. Ha lasciato il segno nei suoi incontri, ha trasmesso il suo messaggio con umiltà e leggerezza, è stata capace di riconoscere la bellezza anche nel dolore. La poesia bussava alla sua porta e lei aveva il coraggio di farsi attraversare. Poco si preoccupava di commettere errori, di ripetersi, di essere banale. La verità era negli occhi dell’altro. In quell’uno, parte di quella ‘mass‘, che di letteratura magari non ne sapeva niente, ma per un attimo veniva toccato nel profondo. Toccato da qualcosa che non si può spiegare, da un ‘sentimento del tempo’ direbbe Ungaretti, dal sentirsi uomo, parte di qualcosa di più grande, piccolo forse, eppure degno di esistere.
Quest’anno si celebrano i dieci anni dalla morte della poetessa e il Comune di Milano il 21 Ottobre ha deciso di dedicarle un ponte sui suoi Navigli. Alla fine è bello pensare che tutto torni. Le persone che l’hanno conosciuta me ne hanno parlato come una donna generosa, che si è data completamente, che ha lottato con il sorriso contro la paura. Oggi i suoi libri continuano a essere letti, anche da tanti giovani, sempre più sommersi da messaggi di odio: in lei trovano un esempio di speranza e di trasformazione, dalla fragilità alla ricchezza.
Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi
la grande potenza della vita
(Alda Merini, La pazza della porta accanto)
P.S. Ho continuato a scrivere.
Giuseppe Lorenzetti