Il World Press Photo è uno dei concorsi fotogiornalistici più prestigiosi e importanti al mondo. Recentemente sono stati proclamati i vincitori e le vincitrici della 66esima edizione. A partire dall’anno scorso – ne avevamo parlato qui, mentre qui le foto del 2021 – sono cambiate alcune categorie dei premi principali, che ora sono quattro: il World Press Photo of the Year, per la foto singola migliore; il World Press Photo Story of the Year, per la migliore storia raccontata; il World Press Photo Long Term Project Award, per il miglior progetto a lungo termine; il World Press Photo Open Format Award, che raccoglie i progetti open format, come collage, documentari, brevi video, lavori grafici.
La direttrice esecutiva, Joumana El Zein Khoury, ha dichiarato che “in un mondo in cui ogni anno decine di giornalisti vengono ancora uccisi nell’adempimento del loro dovere, non potevo smettere di pensare ai viaggi e ai rischi di questi fotografi e, spesso, ai loro soggetti: sono onorata di presentare questa selezione e onorata che saremo in grado di portare le storie vitali che raccontano a milioni di persone in più“.
I quattro premi sono stati scelti selezionando i progetti tra i vincitori delle cinque categorie regionali, inserite dall’anno scorso per correggere, come aveva detto la giuria stessa, «uno squilibrio nella rappresentanza tra partecipanti, storie e vincitori»: Africa, Asia, Europa, America del Nord e Centrale, America del Sud, Sudest Asiatico e Oceania. Qui sono raccolti i lavori dei vincitori regionali.
World Press Photo of the Year

Evgeniy Maloletka è un fotografo ucraino che si occupa del conflitto del suo Paese dal 2014. Era uno dei pochi giornalisti presenti durante l’assedio della città di Mariupol, uno dei primi obiettivi russi. La foto scattata da Maloletka mostra una donna incinta, Iryna Kalinina, mentre viene trasportata dall’ospedale durante un attacco aereo il 9 marzo 2022. Il neonato nacque morto e la donna morì pochi giorni dopo. La foto è stata ripresa da moltissime testate e mezzi di comunicazione di tutto il mondo, diventando una delle foto più conosciute e rappresentative della guerra in Ucraina. «La morte sia della donna incinta che di suo figlio ha riassunto gran parte della guerra, così come il possibile scopo della Russia. Come ha affermato un giurato: “È come se stessero cercando di uccidere il futuro dell’Ucraina”», ha detto il presidente della giuria Brent Lewis, spiegando la vittoria della fotografia.
World Press Photo Story of the Year

Il premio World Press Photo Story of the Year è stato vinto dal progetto The Price of Peace in Afghanistan, del fotografo danese Mads Nissen. Il lavoro mostra le condizioni della popolazione afghana dopo il ritorno dei talebani nel Paese nell’estate del 2021. In particolare, l’assenza degli aiuti esteri ha causato conseguenze di fame e quindi problemi di malnutrizione. La giuria del World Press Photo ritiene che il fotografo con questo lavoro voglia impegnarsi a ricordare al mondo il problema attuale del popolo afghano.
World Press Photo Long-Term Project Award

Anush Babajanyan, fotografa armena, con Battered Waters ha vinto il progetto a lungo termine su un tema specifico. In particolare Babajanyan si è soffermata sul problema legato all’accesso dell’acqua nei paesi dell’Asia centrale, Tagikistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Kazakistan, che non hanno accesso sul mare e quindi si ritrovano costretti sempre di più ad adattarsi alla siccità, allo scioglimento dei ghiacciai e alla cattiva gestione dell’acqua tra paesi, per esempio sul problema della ormai ridotta conservazione dell’acqua in inverno. La giuria premia il progetto perché propone un lavoro che raccoglie ed esprime i bisogni di più comunità, descrivendo le diverse relazioni e gli usi dell’acqua nelle sue diverse forme.
World Press Photo Open Format Award

Il progetto del fotografo egiziano Mohamed Mahdy, Here, The Doors Don’t Know Me, è stato selezionato come vincitore della categoria più recente. Il lavoro racconta dell’innalzamento del mare su un villaggio di pescatori, Al Max, sul canale Mahmoudiyah ad Alessandria d’Egitto. Mahdy ha utilizzato fotografie sue ma anche lettere scritte dagli abitanti del villaggio e suoni che ha raccolto su un sito interattivo da lui creato, questo qui.
Marta Schiavone
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