Henry Murrain: una scuola per uomini per combattere la violenza di genere

Henry Murrain ha 45 anni, è nato e vissuto a Bogotà e dal 2020 è assessore alla cultura della città. Sin dall’infanzia è cresciuto a stretto contatto con diverse realtà del territorio, facendo però sempre fatica a integrarsi. Da quando è entrato nel mondo della politica cerca di sviluppare e attuare progetti che possano in qualche modo migliorare processi culturali e di integrazione che lui stesso aveva patito da piccolo. Uno dei lavori più ambiziosi e coraggiosi che sta portando avanti è quello di promuovere un cambiamento sociale nella cultura colombiana, tentando di sconfiggere il machismo che da sempre è radicato nella tradizione sudamericana. Secondo Murrain il machismo riguarda tutti, trasmettendo la concezione che l’uomo debba personificare caratteri forti e decisi, inamovibili. Le emozioni represse da questi, costretti a rivestire il ruolo di persona sicura e imperturbabile, spesso si riflettono e si trasformano in episodi di violenza, specialmente di genere: in Colombia, infatti, uno dei reati più comuni è proprio quello della violenza di genere. 

Nel 2021 Murrain ha fondato Linea calma, un servizio telefonico che offre assistenza agli uomini che hanno impulsi violenti verso le loro compagne. Il progetto prevede la formazione di volontari che, riconosciuta la violenza di genere nelle radici culturali del Paese, scelgono di partecipare attivamente alla soluzione del problema. Spesso, infatti, a rispondere sono volontari uomini che hanno causato violenza in passato verso chi stava loro intorno. 

Da dicembre 2021 Murrain porta avanti Hombre al cuidado dove gli uomini sperimentano delle attività che, secondo la società patriarcale, sono solitamente destinate a essere svolte dalle donne: ci sono sia esercizi più pratici come fare le pulizie e cambiare i pannolini, ma anche altri più emotivi, per imparare a riconoscere ed esprimere le emozioni, che nel pratico poi sono utili per rapportarsi diversamente in famiglia. Come dice Murrain in un’intervista per il giornale Der Spiegel, questo genere di attività sono un grande – e difficile – esercizio per «riflettere sulla loro mascolinità».

I volontari di Hombre al cuidado propongono le attività in luoghi a maggioranza maschile, in ambienti anche molto complessi come il Cárcere distrital di Bogotá, dove spesso i detenuti scontano pene legate alla violenza sessuale inflitta sulle loro compagne. In carcere vengono proposti esercizi apparentemente semplici, come disegnare donne incinte o vestire una bambola con della stoffa, ma per un uomo che nella vita reale ha inflitto dolore alla propria compagna, magari quando questa aspettava un figlio o una figlia, disegnare una donna è molto significativo; vestire una bambola che può rappresentare la figlia che hanno picchiato, è emotivamente suggestivo. Le attività proposte permettono agli uomini di esternare sentimenti e ricordi che la società machista non ha mai permesso loro di esprimere liberamente: non avere gli strumenti per controllare le emozioni porta spesso a esteriorizzare queste con la violenza. Hombre al cuidado propone anche dei giochi di ruolo: per esempio, racconta Murrain, un carcerato ha recitato il personaggio di una figlia quindicenne che rivela ai genitori di essere incinta. La sfida è quella di osservare come gli altri spettatori reagiscono alla notizia e riflettere su come avrebbero reagito in una situazione reale, soffermarsi su quali sentimenti avrebbero provato e quali represso, e perché.

Molti degli uomini intervistati negli anni da Murrain hanno raccontato di avere un ricordo negativo del proprio padre, insensibile e distaccato, da cui però involontariamente hanno preso esempio nella vita adulta, una volta ritrovatisi nella medesima situazione. Molti di loro non ricordano di aver mai giocato con il padre. Murrain invece ricorda il suo diversamente, addirittura si dimostravano il proprio affetto dicendoselo a voce, tanto che per questo Murrain veniva preso in giro. Forse allora il progetto a cui mira Murrain è questo, creare una società aperta e consapevole di quello che prova, dove le persone possano sentirsi libere di dimostrare affetto all’altro, capaci di dare un nome ai sentimenti.

Marta Schiavone

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