In attesa che si concluda la terza edizione del nostro Contest di Scrittura Creativa, vi riproponiamo il racconto vincitore al Secondo Posto del Contest letterario tenutosi nel marzo 2022.
Buona lettura, e che sia di ispirazione per altri aspiranti scrittori: avete tempo fino al 2 aprile per inviarci il vostro racconto!
La prima volta che ti vidi stavi piangendo. Non mi salutasti nemmeno, ma corresti dietro di me e ti sedesti sull’erba umida. Ancora oggi, non so chi fossero quei ragazzini minacciosi che ti cercavano, ma ricordo i tuoi sussulti e la paura d’essere trovato. Non avevo mai protetto nessuno prima d’allora, mai mi ero sentito importante, ma quel giorno, quando tu riponesti le tue speranze in me, fui invincibile. Mi piace pensare che fu la rabbia nel mio sguardo a farli scappare e ti giuro che se di parole io fossi provvisto, li avrei fatti fuggire ancor prima. Anche tu decidesti di ignorare la possibilità che non ti avessero semplicemente visto, e t’alzasti per abbracciarmi in segno di gratitudine. Eri piccolo, tanto piccolo che per un attimo non volli lasciarti andare, convinto di perderti tra i palazzi enormi di questa città. Tu mi dicesti che saresti tornato e così fu. Ogni giorno arrivavi correndo ed i tuoi passi scacciavano con gioia la perenne solitudine assegnatami alla nascita. Scoprii che oltre che a respirare sapevo ascoltare, consolare, dar consiglio. Rimanevamo in silenzio, uno accanto all’altro, e nel mio muto parlare udivi quella voce che tanto avrei voluto avere. Quando leggevi i libri lo facevi in modo che io sentissi, eri disposto a ripetere interi capitoli solo per me. Mai una volta ti dimenticasti di darmi la buona notte e abbracciarmi, in qualche modo riuscisti a riempire d’amore e speranza persino l’inverno. «Ti ricresceranno i capelli» – dicevi sedendoti a terra, avvolto nel cappotto caldo – «vedrai che ora di marzo saranno più belli di prima». Avevi sempre ragione, ogni anno ne avevo di più rigogliosi. Poi ti toglievi la sciarpa, me la legavi da qualche parte e soddisfatto lasciavi ti venisse il raffreddore. Ora è marzo ragazzo mio, è marzo ed io i capelli li ho ma non son belli come gli anni passati. Perché? Perché il verde delle mie foglie pare ingiallito, perché i bambini non ridono più? L’aria di questa città è pesante, il terreno sembra non proteggermi a sufficienza le radici. Ora tu sei un uomo che sfiora i vent’anni eppure sul tuo viso scorgo la paura da bambino che ti portò da me quel giorno. Da chi stai scappando? Questa parola che continui a ripetere io non la conosco, di ‘guerra’ non si parlava durante le nostre conversazioni o nei libri che leggevamo. E così spiegami, come hai sempre fatto, ti prego. Dimmi perché Kiev trema ogni giorno sotto tuoni che provengono da un cielo sereno, dimmi perché per mesi non sei venuto a riposare sotto i miei rami. In strada non vi sono quasi più persone e sembrano tutti spaventati, fuggono. Per un attimo ho temuto scappassi anche te, lo giuro, lasciandomi qui piantato nel terreno mentre lanciano bombe dal cielo. «No» – dici – «resto con te». Non sai che peso dal cuore mi hai tolto sorridendo, anche se le lacrime che ti scorrono sulle guance le vedo e le sento, raccontano un dolore che io non posso capire. Quelli che mi guardano sono occhi familiari resi quasi estranei dalla sofferenza, vi leggo ciò che stai perdendo e che ti stanno togliendo con la forza. Vieni a piangere contro il mio tronco, nasconditi dietro di me, ti proteggerò da aerei e pistole. Lasciali distruggere ciò che conosci e che chiami casa, il loro odio non spezzerà i legami che hai con questa Terra. Come me, affonda le radici nel suolo, ti aiuterò ad affrontare l’inverno e ad uscirne vivo. Aspettiamo la prossima primavera.
Anita Ferrati
© Credit immagini: Courtesy Silvia Rossini