In un freddo e grigio giorno di gennaio torinese sono stata ospite a pranzo dagli inquilini di Filo Continuo. Con Chiara ci eravamo conosciute qualche settimana prima in videochiamata: stavo scrivendo riguardo le forme di vita comunitaria di Acmos, ma volevo capire più nel concreto cosa significasse vivere in una coabitazione solidale. Lei non solo me lo spiegò attraverso il racconto della sua esperienza, ma mi invitò a passare dalla coabitazione per capire coi miei occhi di che cosa si stesse parlando.
Ecco come mi sono trovata, qualche settimana fa, a condividere una pasta e lenticchie con tanti visi sorridenti e aperti al racconto, che mi hanno dimostrato- almeno per il tempo di un pranzo – che cosa significa per loro vivere in coabitazione.



Filo Continuo è una coabitazione solidale dell’associazione Acmos che nasce nel 2008 in zona Spina 3 a Torino. Sorge all’interno di due condomini popolari precedentemente costruiti per le Olimpiadi del 2006, e si compone di quattro appartamenti, due su Corso Mortara e due su Via Orvieto, per un totale di nove inquilini. Questi in media vi trascorrono un massimo di tre o quattro anni. Mi raccontano che è importante fare un’esperienza abbastanza duratura per «diventare adulti insieme, ma lo è anche dare opportunità a molti altri giovani di farlo, riuscendo così al contempo a vedere come ciò che si è costruito insieme continui a crescere anche senza di noi»
Le persone con cui parlo sono Chiara, Roberto, Alberto, Vera e Khaled ed hanno percorsi di vita piuttosto eterogenei. Alcuni vengono da esperienze precedenti di vita comunitaria, molti semplicemente facevano parte dei GEC di Acmos, altri hanno conosciuto per caso entrambe e hanno deciso di entrarci per fare una nuova esperienza. Spesso frequentano ambienti diversi: molti studiano, altri lavorano, qualcuno entrambe le cose.
La diversità di questo gruppo non è però tenuta assieme solamente dal voler condividere un’abitazione per abbattere i costi, scelta politica nei confronti di un mercato immobiliare che non facilita l’uscita da casa per i giovani, ma -come recita il manifesto appeso nel salotto della coabitazione di Corso Mortara- Comunità è «continuità, condivisione, accoglienza, lavoro di rete, gestione dei conflitti, selezione e riduzione dei consumi, animazione dell’ambiente e formazione permanente».


Nel concreto infatti, vivere in maniera comunitaria ha l’obiettivo non solo di crescere insieme, ma anche di aprirsi alla condivisione in una dimensione che va oltre quella degli spazi dell’abitazione. E’ infatti fondamentale in questo progetto intessere una rete con il vicinato e il territorio circostante, in questo caso quello del quartiere di Spina 3, in Zona Parco Dora. Per loro e con loro si svolgono regolarmente attività di vario genere: da quelle più semplici e quotidiane come aiutare in piccole manutenzioni o fare due chiacchiere davanti a un caffè, agli aperitivi condivisi e i mercatini di seconda mano nello spazio esterno dei condomini. Tra i vicini c’è chi è molto grato per la presenza di questi ragazzi e chi ancora sta cercando di inquadrarli.



Chiara conclude la nostra prima chiacchierata con una riflessione: «c’è tanta complessità, ma la forza da cui partiamo è diventare adulti assieme. Si parte da un’esperienza che diventa poi scelta di vita, da un sentirsi inadatti a vivere il mondo al provare a farlo assieme. Cercando così di costruire qualcos’altro in cui sia bello vivere».
Mi mostrano questi spazi e scatto qualche foto sperando di tornare presto, magari in primavera, e vedere questi spazi animati da uno dei vari momenti di condivisione di cui mi hanno parlato.
Cecilia Verri