Scorrendo il cursore tra gli articoli della sezione Scienza dell’ANSA, mi sono imbattuto nella scoperta del team della dott.sa Barbara Mazzolai, ricercatrice del IIT che ha realizzato il primo velcro biodegradabile, utilizzabile in molteplici ambiti, dalla fabbricazione di cerotti biomedici ai sensori ad impulsi per qualunque applicazione. Apparentemente non era nulla di interessante, ma quello che colpisce è la fonte alla quale hanno attinto gli scienziati: trattasi di una pianta rampicante, la Galium aparine – comunemente nota come la ‘pianta attaccamani’, nome popolare esplicativo di per sé – le cui foglie si presentano costellate di piccoli uncini molto resistenti che esercitano una forza di trazione veramente notevole. Il velcro sviluppato in laboratorio ricalca precisamente lo schema degli uncini vegetali riprodotti tramite stampa 3D di precisione, utilizzando un materiale simile alla cellulosa, riciclabile al cento per cento. Sono incredibili le immagini del video di presentazione: le foglie della Galium attraggono come calamite gli altri vegetali con cui vengono a contatto e il velcro si comporta nello stesso modo, come se fosse una vera e propria foglia; sembra magia eppure è natura.
Una riflessione quindi potrebbe, anzi, dovrebbe essere fatta: forse è questa la strada giusta per ‘innovare senza inquinare’, ossia sviluppare le tecnologie del futuro con uno sguardo all’ecosistema naturale. La dottoressa Mazzolai sembra essere di quest’avviso affermando che: «I nostri studi partono sempre dall’osservazione della natura, cercando di replicare le strategie degli esseri viventi in tecnologie robotiche a basso impatto ambientale». E non è la sola. Sembra che negli ultimi anni sia maturata una maggiore consapevolezza nei confronti di questo approccio alla ricerca che, a detta di illustri studiosi come Stefano Mancuso, è la pietra angolare su cui erigere la casa di un progresso rispettoso del pianeta che ci ospita. Forse il libro della natura sarà finalmente letto e (ri)scoperto con più attenzione: chissà cosa si cela ancora nelle sue pagine, magari potremmo assistere a qualche colpo di scena inaspettato.
Edoardo Sasso
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