Sanguinare senza tabù: The Pad Project

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Non c’è evento più naturale di una mestruazione nella vita di una donna – e in generale di tutte le persone dotate di utero – eppure per moltissime sanguinare rimane un enorme tabù. Se già nei paesi occidentali abbiamo ancora un problema ad affrontare l’argomento non solo a livello sociale, ma anche istituzionale, in diverse parti del mondo l’accesso ai prodotti di igiene intima è un privilegio a cui molte donne non possono accedere.

Per parlare di questo tema ho incontrato Anna Calissano, ambasciatrice per l’Italia di The Pad Project, un progetto nato nel 2013 negli Stati Uniti con lo scopo di abbattere lo stigma legato alle mestruazioni, che per moltissime costituisce un ostacolo tangibile all’istruzione e alla vita sociale.

«Alla base del successo del progetto c’è una campagna di crowdfunding ben riuscita e l’intuizione di realizzare un documentario (conosciuto in Italiano come ‘Il ciclo del progresso’) che raccontasse il problema. Tutto è cominciato quando un gruppo di ragazze americane durante un convegno delle Nazioni Unite sono venute a conoscenza del progetto di Arunachalam Muruganantham, un inventore indiano che ha costruito un macchinario per costruire assorbenti. In India la mestruazione è un tabù culturale: non se ne parla, le ragazze non possono andare a scuola, spesso vengono relegate in una parte della casa o possono essere addirittura  allontanate dai villaggi. Ma soprattutto non hanno accesso ad assorbenti, perché non avendo potere economico sono cari, dal momento che i capi famiglia non forniscono soldi per acquistarli. Grazie a questo macchinario si è potuto creare un sistema di microeconomia locale che permette alle donne di essere autosufficienti.

È interessante sottolineare che si tratta di assorbenti usa e getta esterni. A rendere difficile optare per soluzioni più ‘moderne’ c’è un enorme tabù sulla conoscenza del proprio corpo e della propria intimità, oltre che la mancanza di acqua corrente pulita per un’adeguata igiene.

Si tratta comunque di un enorme passo avanti, considerando che spesso non si usa niente oppure sempre lo stesso pezzo di tessuto – essendo la mestruazione una cosa impura – che viene spesso lavato male portando a infezioni di vario tipo.

Un’altra conseguenza tangibile delle mestruazioni è il bullismo scolastico, che porta tantissime ragazzine a evitare la scuola durante le settimane del ciclo (che significa una settimana al mese), terrorizzate dal subire l’umiliazione di sanguinare in classe a causa della mancanza di assorbenti.

The Pad Project parte quindi con il supporto economico all’acquisto di uno di questi macchinari, e con la mission di creare consapevolezza sul tema, attraverso il documentario».

Cosa fa un’ambasciatrice?

«Gli ambasciatori sono 96 in tutto il mondo e arrivano dai contesti più disparati, portando alla luce problematiche che noi occidentali nemmeno immaginiamo, come possono essere le mestruazioni nelle prigioni sudanesi o nei campi profughi. All’interno di The Pad project c’è quindi una parte rilevante di network, un’altra che si occupa nella raccolta fondi, e chi si occupa di informazione e sensibilizzazione relativi ai contesti locali.

In programma per quest’anno ci sarà un contest Ciclo d’arte’, che chiama i creativi a parlare del tema, e un red lunch, ossia un evento in cui si intervistano una ginecologa e una sociologa seguite da un pranzo dove si può creare dibattito. Ad aiutarmi invece con la comunicazione e con la grafica c’è Sbam, una squadra creativa femminista fondata da tre ragazze genovesi molto sul pezzo. La veicolazione tramite social è sicuramente la soluzione più semplice in un contesto pandemico, eppure sono convinta che incontrarsi fisicamente con le persone lasci qualcosa di molto più potente e duraturo».

Cosa significa parlare di mestruazioni in Italia?

«In Italia il discorso sulle mestruazioni è diverso e spesso se ne parla troppo poco: non siamo nemmeno capaci a chiamare le mestruazioni con il loro nome! Ci vorrebbe ad esempio una piattaforma istituzionale che guidi le ragazzine molto giovani alla scelta di una coppetta (nonostante non sia una soluzione per tutte) o una spinta dall’alto verso soluzioni alternative e più ecologiche che siano economicamente accessibili. Sarebbe importante, magari con la collaborazione dei Comuni delle grandi città, creare dei centri fisici dove si possono creare degli incontri e dibattiti. Sono convinta che le mestruazioni siano un argomento che va portato in piazza, dal momento che nella cultura italiana è ancora un tabù oggetto di tanta disinformazione, come si è visto in questi mesi con il dibattito sulla tampon tax.

Acquistare assorbenti è un investimento economico non indifferente nella vita di una donna in età fertile: eppure in Italia non sono ancora considerati dalla politica come prodotti di prima necessità, facendoci capire come per anni il tema sia stato ignorato dalle istituzioni.

Tantissimi ragazzi poi non ne sanno nulla e non ne vogliono parlare, ritenendo il sangue una cosa ‘schifosa’. Molte donne, durante il ciclo, si sentono rifiutate sessualmente a causa di un evento biologico naturale e che non dipende da loro.
Da quando sono diventata ambasciatrice ho osservato quanto questo tema fosse un tabù tra amici in una situazione come durante una normale cena, realizzando che molti uomini non avevano la minima idea di come funzionasse il ciclo mestruale. Questo fa capire che spesso manca una comunicazione all’interno di una normale coppia o anche all’interno di un gruppo familiare.

Questo si porta dietro tante miscredenze da sfatare che si inseriscono nel linguaggio e nella vita quotidiana, molto difficili da ribaltare, come ad esempio il nervosismo legato al ciclo mestruale. All’interno di una società ancora legata a logiche patriarcali e sessiste, la lettura delle emozioni non ammette variazioni degli stati emozionali, relegandoli a un evento biologico di cui non bisogna parlare».

Elena Galleani d’Agliano

Credit immagini: link + link + link

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