Il Brasile con Ordem e Progresso riparte dall’Amazzonia

Nel giugno del 1992 a Rio de Janeiro si riunirono i rappresentanti di 178 paesi per discutere in ambito ambientale e parlare dei problemi legati al cambiamento climatico, all’effetto serra e alla deforestazione. È stato allora che si è trattato il tema dello ‘sviluppo sostenibile’, per la prima volta in scala globale, non in termini di crescita economica, ma a favore dei diritti delle generazioni future.

Ignorando le considerazioni e i propositi posti trent’anni fa nel Summit della Terra, negli ultimi anni il Brasile ha aumentato in modo esponenziale le aree di terreno coltivato a discapito dell’Amazzonia e del Cerrado, con uno scopo ben preciso: incrementare l’esportazione della produzione agricola

In pochi paesi del mondo la connessione tra agricoltura e ambiente è forte quanto in Brasile. Con il governo di Bolsonaro, che ha posto l’agrobusiness come priorità nelle politiche economiche del paese, sono cresciute povertà e devastazioni ambientali, portando risultati negativamente impressionanti. Secondo l’Inpe (Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale), nel 2019 le emissioni di carbonio nella regione amazzonica brasiliana sono aumentate dell’89%, mentre nei due anni successivi l’aumento è stato del 122%. Queste emissioni sono dovute ai più di 42mila incendi verificatisi. L’Amazzonia è una foresta pluviale e, in quanto tale, non può bruciare per cause naturali. Siamo di fronte a un protocollo sistematico: abbattere gli alberi e incendiare il terreno per sgombrarlo.

Nel discorso pronunciato dopo la proclamazione a nuovo presidente del Brasile, Lula si è impegnato a «costruire un paese sostenibile» e operare per avere «zero deforestazione» in Amazzonia. Sono due, infatti, le priorità del nuovo governo brasiliano: la questione ambientale e la lotta alla povertà. È forte la volontà di contrastare deforestazione e devastazione ambientale rallentando l’estensione della frontiera agricola, che è chiaramente responsabile nel porre solide basi per la crescita delle disuguaglianze sociali e della violenza nei confronti delle popolazioni indigene. 

Tra i primi passi che il nuovo governo dovrà effettuare c’è il ripristino degli organismi di controllo che Bolsonaro ha rimosso e la ripresa del processo di demarcazione dei territori indigeni, paralizzato da oltre quattro anni. La quantità di terre demarcate corrisponde al 12% della superficie brasiliana, di cui il 90% si trova nei confini della foresta amazzonica. È questa la dimostrazione del fatto che difendere l’integrità della foresta pluviale più grande del mondo significa tutelare le popolazioni indigene. 

La Cop 27, che in questo momento si sta svolgendo in Egitto, dovrà definire precisamente i piani per contrastare la deforestazione e renderli ufficialmente obiettivi imprescindibili per combattere i cambiamenti climatici. 

Beatrice Basso

© Credit immagini: link + link + link + link + link

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