Nella sala numero quattro, alle 23:05, le luci si riaccesero, la musica si spense e il brusio degli spettatori che si precipitavano a raggiungere l’uscita indicava che il film era finito.
Il film era finito, ma la poltrona 28, quella in terza fila a sinistra, non era ancora stata liberata. Una ragazza dai capelli corti, con gli occhiali ancora appannati dalle sue stesse lacrime, si concentrava sul suo respiro, nella speranza di riuscire a uscire dal limbo nel quale era entrata. Seduta su quella poltrona sulla quale chissà quante altre persone si erano sedute prima di lei, non riusciva a smettere di pensare al film che aveva appena finito di vedere. Se le avessero chiesto quali fossero le sensazioni che provava, lei avrebbe probabilmente fatto riferimento al buco nello stomaco che le impediva di alzarsi e tornarsene a casa.
Fin da piccola, le piaceva molto andare al cinema, più per l’odore dei popcorn e del burro fuso, che non per le immagini sul grande schermo. Le sue emicranie infatti le impedivano di esporsi a forti luminosità, ma di tanto in tanto, quando la testa le dava tregua, le piaceva recarsi al cinema e abbandonarsi a due ore in cui nessuno dei suoi pensieri poteva attirare la sua attenzione. Amava profondamente quella sensazione di portare con sé, alla fine della proiezione, pensieri e riflessioni sul film. Qualche volta le capitava pure di lanciarsi in discorsi arditi con cinefili sconosciuti con i quali scambiava qualche critica o commento improvvisato. Ore dopo, tuttavia, la sua vita riprendeva veloce, con il solito flusso di pensieri che scacciava il ricordo del film che aveva appena visto.
Questa volta pero’, quando le luci si riaccesero, un vuoto nella pancia la avvisò che qualcosa era cambiato. Lei era cambiata. I suoi occhi, ancora lucidi, e le sue orecchie, erano stati attenti spettatori di una realtà che lei non conosceva. Una voce narrante le aveva descritto, minuto per minuto, verità che non aveva mai considerato. Il film era finito, ma qualcosa in lei era nato.
Il silenzio in sala le ricordava che era tempo di uscire da quelle mura entro le quali la sua visione della vita stava cambiando.
Alle 23:10, la poltrona 28 venne liberata, una ragazza era stata trasformata e le luci tornarono a spegnersi.
Mishel Mantilla
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Quante volte mi sono trovato in quel limbo. A volte tiro la scusa che voglio leggere i titoli di coda… però davvero, dovrebbero dare il tempo per un’uscita graduale dalla sala