I Filonauti: giocando con l’immaginazione e le parole s’impara a pensare

I Filonauti sono un collettivo di ricerca filosofica sul campo nato a Torino. Sei anni fa quattro giovani laureati in filosofia hanno deciso di intraprendere un progetto lavorativo volto a coniugare filosofia ed educazione nelle scuole. Ad oggi conta circa 280 classi incontrate su tutto il territorio piemontese e non. Infatti, nell’ultimo anno i confini regionali sono stati superati grazie alla piattaforma Zoom.

Ho avuto modo di parlare con Alice Clive Cravero, una dei fondatori, laureata con una tesi sulla filosofia come bildung, ossia come pratica di formazione in senso lato. Durante la chiacchierata è subito emersa una criticità dell’insegnamento della filosofia nel sistema scolastico: la si incontra solamente negli ultimi anni delle superiori, solo se si frequenta il liceo e si studia unicamente Storia della filosofia. La materia che più di tutte dovrebbe essere la miccia che accende lo spirito critico degli studenti viene relegata, per la maggior parte delle volte, a essere un elenco didascalico di autori. Secondo Alice il compito della disciplina è avere un’utilità per le persone, in particolare per i più giovani. Ma come coniugare la filosofia con l’educazione dei più piccoli? 

I Filonauti fondano le loro attività su due strumenti fondamentali che ognuno di noi ha in quanto esseri umani: l’immaginazione e il linguaggio. Insegnare ad avvalersi di queste capacità a scuola ha un grande valore perché è il luogo in cui bambini e ragazzi costruiscono la propria visione del mondo. La scuola, insieme alla famiglia, è il principale modello educativo di ciascuno, dove imparare che esiste un pensiero divergente, comprendere come svilupparlo e sapere che esso possa convivere con quello convergente, elemento fondamentale. Per questa ragione, è cruciale che il progetto si sviluppi nell’istituzione scolastica, affinché possa esistere una proposta educativa altra che affianchi l’insegnamento tradizionale.

I laboratori dei Filonauti sono nati inizialmente per essere rivolti ai bambini della scuola d’infanzia, ma il progetto si è poi ampliato verso la scuola primaria, la secondaria, fino alla formazione dei docenti. La scuola come luogo nel suo insieme è fondamentale per la crescita individuale. Per tale ragione, oltre ai laboratori negli istituti, che permettono ai bambini di poter imparare ad argomentare e costruire una propria visione del mondo sapendo spiegare il perché delle cose, si cerca anche di creare un habitus mentale affinché l’attività non rimanga un episodio isolato. Tale aspetto si traduce con il dialogo e coinvolgimento dei genitori, sensibilizzandoli e informandoli sulle attività proposte, e nel formare gli insegnanti, le persone che seguono quotidianamente i ragazzi durante il percorso scolastico. L’obiettivo ultimo è quello di cercare di rendere «ogni classe filosoficamente sostenibile», i docenti infatti possono inserire queste attività all’interno dei loro metodi di insegnamento. 

Esistono diverse tipologie di laboratori, le cui metodologie e tempistiche variano in base alla disponibilità degli istituti e al loro grado. Di solito si tratta di dieci incontri, uno a settimana, per la durata di due mesi e mezzo di percorso. In molti casi le scuole d’infanzia affrontano un progetto annuale, mentre per le secondarie sono previsti anche incontri singoli con tematiche specifiche, come il rapporto tra attenzione, memoria e i dispositivi digitali oppure gli stereotipi a livello cognitivo. Si tratta di laboratori linguistico-filosofici in cui, data l’età adolescenziale dei ragazzi, è possibile esplorare domande più complesse. Le attività con le fasce più giovani, invece, sono molto più simili a dei giochi nei quali attraverso le parole e l’immaginazione, coadiuvando il tutto con la narrazione, si cerca di instaurare un dialogo nel quale un’idea tira l’altra, in cui non esistono risposte giuste o sbagliate ma l’importante è che si sappia dire il perché. «L’idea è quella di creare una specie di danza collettiva tramite una serie di domande che fanno scaturire idee a cui da soli non saremmo mai arrivati, perché è soltanto ascoltando gli altri che ci arrivano nuove idee». 

Paolo Di Cera

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