A chi non è capitato, almeno una volta, di comprare un vestito, metterlo una o due volte e abbandonarlo sul fondo di un cassetto? Di approfittare degli sconti per accumulare nuovi capi ma utilizzare sempre il solito paio di jeans?
La cosiddetta industria del Fast Fashion spinge i consumatori a comprare continuamente. Le tendenze e le mode si rinnovano ogni stagione e incoraggiano la produzione di grandi quantità di vestiti a basso costo e di pessima qualità. Ma sono tante le realtà che negli ultimi anni sono nate con l’obiettivo di contrastare questa logica, ridurre il consumo di risorse impiegate nella produzione tessile e creare modelli virtuosi di economia circolare. Tra queste colpisce la storia di Armadio Verde, un progetto nato nel 2015 dall’idea di Eleonora e David. Appena diventati genitori, infatti, entrambi si sono subito accorti che ogni vestito che acquistavano per i loro figli durava un mese o poco più e poi diventava inutilizzabile.

Da qui l’idea di creare un portale di scambio di vestiti usati in buono stato, prima per bambini, poi anche per uomo e donna, per ridare un nuovo valore e una nuova casa a capi inutilizzati. Le tre parole chiave del progetto sono riduci, riusa, ricicla: incoraggiare i consumatori a evitare di comprare più capi di quelli effettivamente necessari, allungare la vita degli abiti e non permettere che vengano abbandonati in discarica. I capi vengono spediti dagli utenti, controllati e poi esposti in un portale dal quale è possibile acquistarli a un prezzo molto basso. Gli utenti hanno la possibilità di guadagnare gettoni virtuali attraverso la spedizione, che possono essere investiti nei nuovi acquisti. Armadio Verde è anche un progetto di solidarietà: i capi spediti che non risultano in buono stato vengono donati a un’associazione che riutilizza scarti tessili per la realizzazione di interventi di sviluppo nelle aree più povere del mondo.
Superare la logica del Fast Fashion è possibile, un abito alla volta.
Silvia D’Ambrosio
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