Ironman: uno studente che lotta per la consapevolezza

Gianfranco Messina, Giangio per gli amici, è nato e cresciuto a Genova. Oggi studia medicina a Oxford, dove nel tempo libero pratica molto sport – ed esce con gli amici. Fino a qui niente di strano, un ragazzo come tanti: dove risiede la particolarità della sua storia? È da tempo che considera l’idea di fare un Ironman, ovvero la versione più impegnativa del triathlon, che consiste in 3,86 km di nuoto, 180,25 km di bicicletta e 42,20 km di corsa di seguito(rispetto, per esempio, ai 1,5km di nuoto, 40 di bicicletta e 10 di corsa della versione olimpica): adesso ha trovato una buona causa per farlo, qualcosa che va oltre il suo mettersi alla prova. Per capirlo, iniziamo dal principio.

Medicina a Oxford, non certo un posto come tutti!

«È stata in realtà una scelta piuttosto casuale: è nata come piano B al test di medicina italiano. All’inizio non ero particolarmente attratto dall’Inghilterra, ma all’open day di Oxford mi sono ricreduto e, dopo numerosi test e interviste, sono stato ammesso a Saint Edmund Hall, il college degli sportivi ‘casinisti’ che mi aveva fatto un’ottima impressione, anche se non era stata la mia prima scelta. A quel punto non ci ho pensato due volte, mi sono detto: chi sono io per rifiutare l’offerta di Oxford

E com’è andata?

«Mi sono iscritto in maniera impulsiva, senza la consapevolezza di quello che sarebbe potuto succedere poi. Ho scoperto nei primi anni che, dopo il corso universitario, non si può accedere direttamente alla specializzazione, ma prima bisogna fare due anni di tirocinio e poi altri due di pre-specialità. Nonostante questo, però, mi sono trovato benissimo e non potrei essere più grato di essere qui: è un’esperienza unica. Inoltre, dal punto di vista umano ho creato legami forti, non solo con i miei compagni, ma anche con i tutor.»

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Mai pensato di tornare in Italia?

«Assolutamente sì, ma non subito: vorrei fare ancora esperienza qui al NHS (National Health Service). È un servizio stupendo, un po’ per ridare indietro quello che ho ricevuto e un po’ perché la loro offerta formativa è molto buona. L’Italia però mi manca e quindi, una volta raggiunto un certo livello, vorrei tornare: il mio cuore è lì.»

E cosa c’entra con questo la tua passione per il triathlon e la decisione di iscriverti all’Ironman?

«Allora, ‘passione’ è forse un po’ una parola grossa, è il primo anno che faccio triathlon ed è un po’ un amore-odio. Ho sempre sentito parlare di Ironman e volevo provarci, ma temevo di non avere abbastanza tempo visti i vari impegni universitari.»

Invece…

«…invece, ho sentito la storia di Filippo, un amico di famiglia, che ha gareggiato per raccogliere fondi per l’associazione italiana per la lotta al neuroblastoma, patologia di cui è affetta la sua terza figlia, Guia, e ha raccolto 80mila euro. Filippo quest’anno ripartecipa, nonostante sia in arrivo il quarto figlio, e allora ho pensato: se trova il tempo lui posso farlo anche io! Quindi ho deciso di partecipare per una buona causa: oltre alla ricerca contro il neuroblastoma, ho aggiunto, a livello più personale, la Movember Foundation.»

Cioè?

«È una fondazione che si occupa della salute del genere maschile, dalla prevenzione del cancro al testicolo e alla prostata, alla salute mentale, come depressione e suicidio. Sono cose che ho visto da vicino, anche con amici stretti: non c’è consapevolezza su queste tematiche, la gente si nasconde, si vergogna, e invece è giusto fare controlli periodici e curarsi, anche nel caso di depressione, che ha delle forti componenti biologiche. Non è una questione di sessismo: tutti abbiamo parenti, amici, figli maschi. Così come ci sono controlli periodici per le donne (come i pap-test), che hanno diminuito fortemente tra la mortalità femminile legata al cancro, deve esserci lo stesso per gli uomini. La raccolta fondi è essenziale, ma lo è altrettanto diffondere la consapevolezza.» 

Quando gareggerai?

«Il 21 settembre a Cervia.»

E come funzionano le donazioni?

«Per coinvolgere di più le persone ho deciso di adottare un sistema di scommesse sul mio risultato: nessuno dona niente per ora, ma si impegna a fare una donazione condizionale a seconda del mio risultato. Solo alla fine, dopo la gara, manderò una mail a tutti gli scommettitori, che decideranno di donare un quantitativo a seconda dei risultati ottenuti nella mia performance. In ogni caso, sul mio sito si trovano tutte le informazioni necessarie e anche gli aggiornamenti sui miei allenamenti. Il mio sogno sarebbe terminare tutto sotto le undici ore, ma anche solo arrivare in fondo sarà un traguardo per me! Mi sto allenando intensamente da sei mesi, che non sono tantissimi, e, ammetto, senza l’incentivo delle scommesse non sarei così motivato!»

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La storia di Giangio, appena 24enne, è un bellissimo esempio di vita, un ottimo compromesso tra ambizione e altruismo: potete trovare i dettagli dei suoi allenamenti sul suo blog personale.

Forza Giangio, siamo tutti con te!

Anna Vaccari

© Credit immagini: Courtesy di Gianfranco Messina

 

 

 

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