Ode all’olio d’oliva

«Posso abbracciarti? Ricordarmi come ti chiami prima, ma poi, posso abbracciarti? » Carlo ride, e mi abbraccia. La mia scusa è che mi fa sentire a casa. Lui, come chiunque si ostini a spendere un patrimonio per comprare dell’olio di oliva, qui, dal lato freddo dell’Europa.

Otto le categorie di olio di oliva secondo il più recente dei regolamenti, il CE 1989/03, unanimi le voci che si raccolgono e intonano una lode per il pilastro della dieta mediterranea.

Tanto influente da essere diventato virale anche nel mondo digitale. Su piattaforme come TikTok e Instagram, contenuti che esaltano le sue qualità, benefici o usi rari si moltiplicano. Culmine di questo fenomeno è l’invenzione della cosiddetta Europa dell’Olio d’Oliva, un’idea che non si limita solo alle abitudini alimentari, ma che rappresenta un filo conduttore tra i popoli del Mediterraneo. 

Con l’intenzione di indicare le profonde differenze tra la fredda Europa del Nord, perlomeno secondo il termostato, e quella del Sud, l’olio d’oliva è diventato un simbolo di identità condivisa, una tradizione che unisce diverse nazioni sotto un’unica bandiera di sapori, usanze e valori comuni: non trattandosi più di un semplice condimento, diventa il riflesso di una cultura segnata da convivialità e passione. Una cultura in cui è possibile comprendersi a gesti, in cui essere caotici è assolutamente lecito e dove, in una certa misura, non si ha bisogno di troppe spiegazioni.

Non esiste alcuna regola scritta, alcun tipo di ricerca, né è stato messo agli atti che, chiunque faccia uso dell’olio di oliva sia, per natura, inclinato a far parte di qualcosa di molto più grande. Eppure, pur non essendo la causa, l’olio di oliva fissa un punto nella cultura mediterranea e ci insegna che i nostri vicini geografici – Spagnoli, Portoghesi, Francesi – condividono le nostre stesse radici, confermando quello di cui i libri di storia scrivono.

Diventa così possibile sostenere una conversazione con uno spagnolo, mentre entrambi ci ostiniamo a parlare la nostra lingua, non c’è più bisogno di spiegare perché mangiare alle cinque del pomeriggio non è contemplato e, soprattutto, l’Italia, la mia Italia, torna ad essere amabile, un tratto distintivo con cui a volte combatto, ma che rende parte di un quadro molto più ampio, un quadro in cui essere se stessi non è invadente.

L’Europa dell’Olio d’Oliva è, dunque, un esempio di come le culture possano intrecciarsi in modo naturale. L’affinità tra gli europei del Sud non si limita al palato: è una sintonia che si riflette nei valori, nella socialità e, soprattutto, nel modo di vivere la quotidianità, a volte così simile da facilitare quel processo per cui, a duemila chilometri da casa, ‘famiglia’ non è un termine sconosciuto.

Laura Borrelli

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