Negli ultimi anni, una delle parole più utilizzate – e abusate – è stata resilienza. In psicologia, viene definita come la capacità dell’essere umano di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. L’abbiamo ascoltata nei contesti più disparati, ma quando abbiamo sentito parlare del Freedom Theatre di Jenin è stata l’unica parola che ci è venuta in mente, dopo giustizia, oppressione e immaginazione.

Freedom Theatre nasce, infatti, dopo la prima Intifada all’interno del campo profughi di Jenin, in Palestina, da un’idea di Arna Mer Khamis, una donna nata ebrea ma che ha sempre vissuto nei campi profughi palestinesi e dove, da rivoluzionaria, ha condotto campagne per la libertà e i diritti umani con altre donne. Il centro culturale di Freedom Theatre sorge in un ambiente ostile, al quale decide di non rimanere indifferente. Infatti, dal 2006 propone produzioni teatrali professionali, laboratori teatrali e formazione in recitazione, pedagogia e fotografia nel campo profughi, nella città e nei villaggi di Jenin.
Letteralmente il teatro della libertà: attraverso la resistenza culturale viene sfidata ogni forma di oppressione e ingiustizia, perseguendo ideali di uguaglianza e pace.

Per resistenza culturale si intende tutta quella serie di pratiche artistico-pedagogiche legate inizialmente al gioco (non solo per i bambini e le bambine) e alla sperimentazione della realtà che, successivamente, apre le porte alla creatività e all’immaginazione.
Ma che cos’è la creatività? In questo caso la definiamo come la capacità di leggere ed elaborare il mondo e la realtà, trovando soluzioni alternative per gestire i momenti di difficoltà. In un luogo in cui bambine e bambini si sentono oppresse/i e hanno paura per le loro vite, il teatro diventa una forma di elaborazione del trauma e di gestione delle emozioni, oltre che di interpretazione della realtà. Avere gli strumenti per comprendere il reale è essenziale per prendere coscienza di cosa si vuole cambiare e migliorare. Il risultato di questo processo cognitivo non è individuale, ma viene socializzato nella comunità in cui si vive.
In particolar modo, è interessante il lavoro che gli operatori del Freedom Theatre fanno con i bambini: l’obiettivo è quello di aiutarli a gestire la loro vita (emotiva e non) sotto occupazione israeliana, proponendo laboratori e seminari in uno spazio che i piccoli possano sentire come sicuro, all’interno del quale esprimere ed elaborare le loro emozioni e i loro pensieri in maniera guidata e non violenta. Attraverso giochi e pratiche teatrali e artistiche, si restituisce loro una dimensione di serenità e pace che dovrebbe essere la normalità per i bambini.

Sebbene il progetto abbia formato una generazione di artiste/i e leader palestinesi, l’obiettivo finale è incanalare l’espressione artistica in una visione più ampia di libertà e giustizia, oltre a formare una coscienza che guidi la resistenza culturale.
Giulia Facchetti e Francesca Cesari
Courtesy photo: https://thefreedomtheatre.org/
Fonte immagine in copertina: https://www.npr.org/2024/01/28/1226111057/west-bank-palestinian-freedom-theater-jenin-israel-war