Un ricordo

«Ogni tanto mi sveglio la mattina e sono inondato dalla sensazione di provare tanto. Sento i respiri del mondo sulla mia pelle.

Dove si posiziona fisicamente, nello spazio del corpo, tutto questo sentire? Lo metto un po’ nelle gambe, un po’ nelle mani, un po’ nelle orecchie.

Mi piace questa sensazione che mi pervade, mi attraversa da punta a punta.

I dettagli che ho intorno mi fanno vibrare.

Mi sento vivo. Sono parte della Natura che mi ha creato. Toccare la terra con i piedi mi nutre, ritrovo contatto con me, i miei pensieri, il resto del mondo. Sento le radici del mio corpo che si ancorano a quelle degli alberi e con loro cresco, mi radico, mi espando».

Ricordo che quando lo incontrai la prima volta pensai di aver conosciuto un figlio della Natura. Aveva un modo di comunicare con la terra che lo rendeva perfettamente parte di essa. Sembrava che tutto gli rispondesse: gli alberi, gli animali, il tempo.

Mi sono sempre chiesta da dove venisse. Aveva un’anima libera.

Era parte della terra e con essa dialogava, la interrogava, le si affidava. Vagava, ma lei lo seguiva sempre ed ogni luogo era casa. Quando i pensieri erano troppo voraci, lei lo abbracciava, lo accoglieva.

Sapeva di estate, di sole che ti scalda, di vento che ti soffia via.

A volte mi chiedo cosa mi abbia insegnato. Con quegli occhi da bambino riusciva a respirare le cose, se le faceva entrare dentro come se tutto fosse ossigeno, a volte sbagliando, a volte no.

Lui voleva correre, ridere, saltare.

Non pensai a nulla, rimasi in ascolto. Le cose che ti toccano a fondo non te ne accorgi lì per lì. Le cose che ti lavoreranno dentro per anni, per tutta la vita, le accogli così a bocca aperta, imbambolato a guardarti intorno, come a volergli dare il tempo di installarsi in profondità. Nemmeno lo sai che succede, ma da quel momento in avanti sei un po’ diverso.

Maicolgecson, Paola Soriga

L’ultimo ricordo che ho di lui è che aveva preso un’auto blu, voleva partire.

L’ultimo ricordo che ho di lui è che aveva una cartina del mondo stretta fra le mani scheggiate dal lavoro. Aveva chiuso gli occhi, puntato il dito con decisione e desiderio e mi aveva guardata.

Ricordo solo che mi disse «andrò qui», senza neanche aver ancora letto la meta.

A cura di Adele De Pasquale

©Credit immagini cortesy of https://unsplash.com/it/foto/-MouG3EXx5M

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