Sono due ore che ti aspetto e tu non esci. Io vengo puntuale, ogni giorno alla stessa ora.
Non mi vuoi vedere? Perché non parli?
Quest’attesa é impietosa, mi lacera, mi abbatte. E non so con chi parlare, a chi posso esprimere la sofferenza di un incontro mancato? Chi mi capirebbe? Sì, lo so, tutti parlano d’amore, si riempiono la bocca e masticano questo sentimento che mi da tanta pena. Come si permettono? Cosa ne sanno loro dell’attesa, del piacere di vederti sbucare e cantare. Cosa ne sanno loro di un incontro che ha i minuti contati, dove nessuno di noi due può decidere quanto vedersi, ma solo cosa dirsi: pochi secondi di fondamentale vicinanza.
Ah che tortura quest’attesa! E io che oggi ho fatto tutto di corsa per vederti, ma tu non ci sei. Ho incontrato dei nuovi vicini di casa, mi hanno detto che ti conoscono. Dalla mia descrizione hanno riconosciuto quella pervasività del tuo canto. Gli ho raccontato che pena ci causa questo amore che ti tiene legata dentro una porticina. Mi hanno chiesto come facciamo a sopportare tutto questo. Me lo chiedo anche io. Perché ci condanniamo a questa sofferenza? Tu forse non soffri? In realtà, non so neppure se tu mi senta. Poco importa! Io te lo dirò lo stesso :«Sono innamorato di te. Punto e basta. Non una virgola di più, non una di meno».
Non mi dici niente? Certo, come fai a parlare chiusa lì dentro, piccina. Ma tu l’hai mai visto il mondo là fuori?
Ci sono colori che ti abbagliano gli occhi da quanto sono intensi, odori che ti entrano nel naso e ti attraversano, venti e mari che ti portano un po’ di qua e un po’ di là, montagne enormi che sembra ti caschino addosso.
Una volta, se ti va, potrei portarti a vedere tutte queste cose, con te avrebbero un gusto, un colore e un odore diverso.
Vorrei volare lontano con te e mostrarti quante cose belle ci sono fuori dalla tua casetta. Vorrei poterti staccare da lì e portarti con me. Vorrei tante cose, ma la realtà é un’altra: ti devo aspettare.
Ma non importa, sono sicuro che un giorno riuscirò a farti vedere tutto questo. Anzi, sai cosa farò nell’attesa? Ti porterò un regalo da ogni luogo che visiterò, così sarà come averti con me e tu vedrai un piccolo assaggio di quello che ti aspetta là fuori. Che ne dici?
Corro subito!
Tu aspettami, non uscire, aspetta che torni!
A dopo!
«Nonna ma se pesto la sabbia le faccio male?»
«Magari le fai un massaggio alla schiena».
«Ma metti che quella é la sua pancia, le faccio salire tutto in testa se la calpesto».
«Pensa che ridere, povera sabbia. Ma poi con quei piedini é più probabile che sia la sabbia a farti il solletico per non essere pestata troppo forte».
«Guarda Olmo, c’è un uccello sul davanzale della cucina».
«Sta guardando il nostro orologio a cucù, forse sta aspettando che esca la bambolina. Magari si stanno simpatici. Peccato che la possa vedere per così poco».
«Potremmo aiutarli».
«E come nonna?»
«Potremmo mandare indietro l’orologio qualche volta per qualche minuto, così lei continuerà ad uscire e potranno stare un po’ più insieme».
«Magari se noi intanto usciamo dalla stanza li lasciamo chiacchierare da soli. A te nonna va di fare una passeggiata al mare? Vorrei capire meglio dov’è la pancia della sabbia».
«Certo pulcino, andiamo, ma lasciamo la finestra aperta, così entra un po’ di aria e di luce e chissà che qualcuno non ne possa beneficiare».
Sono sul davanzale che aspetto con un regalo.
Siamo soli.
Mi batte forte il cuore.
Meno di un minuto.
Eccola.
«Bentornata».
«Mi sei mancato».
A cura di Adele De Pasquale
Credit immagini: https://unsplash.com/it/foto/R4q3JUhT8XM
Top!
Un saluto Wu Otto