Uscendo dal portone, Anna si chiese – come si chiedeva ogni volta che usciva di casa – se avesse chiuso bene la porta.
La stessa cosa succedeva quando , dopo interminabili giri nel quartiere, trovava parcheggio e scendeva dalla macchina.
Avrò chiuso bene?
Anna non aveva particolari problemi di memoria, né tantomeno di distrazione. Certo, la sua immaginazione poteva portarla, qualche volta, lontano dalla realtà, farla immergere in mondi meravigliosi, viaggiare attraverso spazi e tempi mai conosciuti. Ma a parte questi momenti di fuga, Anna era una persona abbastanza sul pezzo, ben organizzata, attenta ai dettagli. Anzi, amante dei dettagli. Anna, infatti, era sempre la prima ad accorgersi dei cambiamenti, dal taglio dei capelli della collega, al colore degli occhi più chiari nei giorni di sole del suo amato, al primo sbocciare dei fiori nel giardino della vicina.
I dettagli erano per Anna una specie di gioco, poiché amava notarli, catturarli nella memoria, ritirarli fuori anni dopo, innescando la sorpresa delle persone, che mai avrebbero pensato che quella cosa, quel gesto, quella parola, sarebbero stati notati e persino ricordati.
Eppure, questa storia del chiudere non le riusciva bene. C’erano volte in cui, pur vedendosi da fuori chiudere la porta, se ne dimenticava. Inutile tornare indietro per controllare, poiché anche facendolo, il dubbio restava.
Anna, chiudere, non lo sapeva fare.
O forse non lo voleva fare.
O forse ancora, non poteva farlo. Si, perché Anna, infondo, era terrorizzata dall’idea di chiudersi dietro una porta, e lasciare lì, intatto, nel passato, tutto quanto. E se poi non fosse riuscita a riaprirla, quella porta?
Quante porte, davvero, era riuscita a chiudere?
La porta di casa, come quella della macchina, erano allora scuse di una metafora che non si era mai presa la briga di affrontare?
Perché quella domanda tornava sempre?
E cosa c’era davvero da chiudere, per eliminare quell’interrogativo?
Forse, nel fare attenzione ai dettagli degli altri, Anna si era persa per strada un dettaglio che ora le impediva di lasciarsi alle spalle il passato.
E le porte aperte, si sa, non si fanno scrupoli a custodire quel che dovrebbero proteggere, da chiuse. Le porte aperte, maledette, si lasciano attraversare. Fanno uscire e lasciano entrare chiunque e qualunque cosa in cerca di spazio, e così facendo, creano confusione.
Ecco dove stava il dettaglio mancante.
Anna conosceva la risposta alla sua stessa domanda.
No, non aveva chiuso bene. Non ci aveva nemmeno provato.
Ma, chissà, forse nel continuare a chiederselo, prima o poi se lo ricorderà.
Mishel Mantilla