Il mio primo giorno di scuola
«Mara, muoviti! Tra mezz’ora devi essere in classe. Devo trascinarti con il letto a scuola?».
Tutto tace intorno a me, sento le gambe che piano piano si svegliano, le prime luci del giorno fendono il buio passando attraverso le persiane. Teresa, la mia coinquilina, in cucina continua ad urlarmi cose, tra le quali “Alzati!”, mentre versa il caffè nelle tazzine a forma di animale che mi hanno regalato all’ultimo Babbo Natale segreto. Teresa è stressata. Anche lei lavora a scuola, è un’insegnante di sostegno. Le hanno detto che arriverà un bambino con una situazione molto particolare, ma il suo inserimento è stato talmente improvviso che non sono riuscite a dirle altro. Ogni anno viviamo il primo giorno di scuola con un’ansia da prestazione che è seconda solo agli atleti che stanno per fare una gara olimpica.
Cornetto alla crema
Alle 6 ho aperto gli occhi, avevo un’energia che sentivo una mandria di cavalli corrermi dentro. Ho iniziato a correre per la stanza, urlando al Sole “Svegliati! Qua siamo già tutti in piedi!!” mentre lui timidamente si stiracchiava facendo entrare qualche raggio dalla mia finestra.
Sento mia mamma salire le scale; penso che mi sgriderà, ma io non riesco a stare fermo, non posso. «Olmo la vuoi piantare? Sono contenta che sei così allegro, ma dobbiamo far crollare il tetto della casa in testa ai vicini alle 6 di mattina?». «Lo so mamma, ma sono così contento che tutto in me si agita, non sto nella pelle». Corro, corro, corro. «Facciamo colazione fuori?».
Sono ENTUSIASTA, mi hanno detto che la mia scuola è vicino ad un fiume e ad un grande corso dove passano tante macchine veloci. Quante cose da guardare.
È il mio quarto primo giorno di scuola. Negli altri posti non mi hanno voluto, dicono che sono troppo esuberante, che è troppo difficile lavorare con me. Una volta una maestra mi ha messo una nota sul registro senza che io fossi in classe. Non importa, la mia amica PSI Elena dice che questa scuola è quella giusta. Ho sentito che è un po’ preoccupata per tutti gli stimoli che ci sono lì fuori: il corso, il fiume. Però io sono contento.
«Olmo non ti sei ancora vestito? Vuoi fare colazione fuori o no?».
C’è sempre una prima volta
Sono arrivata in classe. Io e Teresa ci siamo salutate all’ingresso. Ha un colloquio con i genitori di Olmo. Almeno gli abbiamo dato un nome. Preparo un cartellone di benvenuto. Suona la campanella. Quest’orda di nani con zaini più grossi di loro invadono aule e corridoi urlando, salutando e correndo. Recupero a fatica ventuno funghetti strillanti e li faccio sedere tra i banchi. Occhi scintillanti ed entusiasti pronti per questa nuova avventura. Alcuni stanno già facendo la gara a chi dice l’alfabeto più velocemente. Altri hanno ancora la faccia stropicciata dal sonno e stanno cercando di geolocalizzarsi nello spazio/tempo. Altri fanno vedere quanto va veloce la loro macchinina rossa fiammante.
Iniziamo la prima elementare: i banchi, la cattedra, la lavagna, nuovi compagni e nuove maestre.
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A cura di Adele De Pasquale