Il filo illogico

Elsa aveva appena interrotto i suoi discorsi ad alta voce. Era la prima volta che lo rivedeva. Giacomo portava i capelli raccolti, arrotolati intorno a un elastico. Era lasciato morbido per una ragione: la leggerezza che crea il contatto dei suoi ricci con le spalle. Qualche capello rimasto fuori, come un filo logico, dava la sua direzione. E allora poi se li scioglieva tutti: le mani filtravano tra le onde dei suoi pensieri e con un gesto spontaneo lasciava andare tutto giù. Ora tutti i suoi capelli scendono insieme. Increspati tra le onde dei suoi desideri, ora, c’è un filo in più. 

3 ore prima

La sbronza della sera prima gli impedisce di alzare gli occhi. C’è così poco cielo su Milano. Giacomo lo pensa e forse lo dice. I ricci biondi gli toccano le spalle. Con il caldo di questa giornata autunnale strana, è costretto a tirarli su con un elastico, introvabile nel groviglio di borse, zaini e libri che si porta via con sé. Il tabacco American Spirit appena comprato occupa il braccio sinistro, mentre la mano destra – con l’aiuto della sinistra – è impegnata a girare il suo meritatissimo drum, dopo quel viaggio soffocante. Un’altra volta via. L’ennesimo trasloco. Torino se la lascia alle spalle: i viali alberati, il Vale e Piazza Vitto. Nella tasca cerca il Clipper che Elsa le ha lanciato addosso la sera prima. Aveva chiuso la porta di Via Santa Chiara e le sue Dr Martens fradice avevano varcato per l’ultima volta la soglia di casa di Giacomo con un vociare confuso: «Non può funzionare». Confuso poi, solo per Elsa, che Giacomo già se l’era stampato in bocca. Se lo ripete tra sé e sé, mentre osserva il pavimento di Milano Centrale. Le scarpe di quegli sconosciuti – passeggeri per caso o per abitudine – lo ipnotizzano: perso tra la loro andatura e il loro modo di posare le suole a terra, alza la testa. Il suo treno sta per partire – direzione Padova – e lui se ne sta ancora lì a scrutare la forza fisica che porta ogni volta a terra il peso di quegli sconosciuti. Si sente schiacciato sotto quelle suole. In bilico tra ciò che sta lasciando e ciò che ha scelto. Alza ancora lo sguardo. Due minuti esatti: il tempo necessario per arrivare al binario 8 e lo stesso tempo che il suo treno impiega a partire. Sente le sue Dr Martens ancora più pesanti. Si ciondola tra la gamba destra e la sinistra, guardandosi le punte consumate dai passi. Fermo. Elsa, dove sei? 

Passa il tempo necessario per far partire il suo treno. A Padova ci penserà la prossima volta. Alza lo sguardo verso le scritte gialle che corrono sul tabellone degli orari. Elsa, se torno ti trovo ancora sulla soglia? Corre anche lui. Intanto la sigaretta che tiene nella mano destra si è consumata. La testa sempre alta verso il tabellone. Torino Porta Susa partenza tra 5 minuti. Cinque minuti esatti: il tempo necessario per restare sul suo binario e per varcare di nuovo le porte del regionale che l’ha portato fino a Milano Centrale. Corre più veloce. Si scioglie i capelli che sbattono ancora sulle spalle. 

C’è così poco cielo su Milano. Così tanto su Torino.

Federica Mangano