«ChatGPT sarebbe uno studente di Giurisprudenza mediocre…», questo il resoconto di un esperimento condotto dall’università del Minnesota che vedeva coinvolti gli studenti da un lato e le risposte della recente IA generativa sviluppata da OpenAi, ChatGPT, dall’altro. Il banco di prova gli esami di fine corso della facoltà di Giurisprudenza e il risultato è già stato esplicitato con una media di voto inferiore rispetto a quella degli studenti in carne ed ossa. «Tuttavia è sicuro che l’IA riuscirebbe a conseguire lo stesso il titolo di studio.» aggiunge Jonathan Choi relatore dello studio, ed è forse questo il nodo fondamentale su cui si può costruire un ragionamento sul grado di potenzialità, implicazioni e obiettivi specifici dell’intelligenza artificiale.
La ricerca su una ‘mente’ uguale alla nostra si inserisce probabilmente nelle grandi perversioni intellettuali dell’uomo ed è, a detta degli esperti, ciò che caratterizzerà i prossimi decenni. Il dibattito è acceso e ognuno ha la sua visione più o meno informata, il problema forse più grande è dare un’accezione di qualche tipo alla prospettiva di una intelligenza formata da algoritmi che sostituisca in tutto o in parte le attività umane. Credo che non sarà mai possibile arrivare ad una soluzione che accontenti gli ‘umanisti’ più oltranzisti e gli ‘artificialisti’ più radicali. In fin dei conti il dibattito non si risolve con la vittoria di una parte piuttosto che l’altra: non per forza la prevalenza della ‘macchina’ significa la depauperazione dell’uomo. Il risultato dal mio punto di vista giungerà presto ad un equilibrio in cui l’IA collaborerà con le persone, ma non penso ad una evoluzione straordinaria di detta tecnologia, anzi l’equilibrio sopra menzionato tenderà al ribasso in ogni caso.

L’intelligenza artificiale sconterà presto il suo più grande limite: la sua fonte di apprendimento sono gli umani che ne fanno utilizzo o interagiscono con i suoi insiemi di calcoli, tendenzialmente l’uomo diventa simile ad un calcolatore meccanico di mediocre capacità innovativa e generativa nel momento in cui si aggrega con i simili . L’IA impara proprio da interazioni aggregate, e nella massa delle interazioni il numero di castronerie è vorticosamente elevato. ChatGPT è un esempio lampante; se si osserva l’utilizzo che gli utenti fanno del risponditore appare chiaro il carattere ludico/furbesco dell’interazione: chi si rivolge per una ricetta, chi per fare le risposte al compito di matematica, chi per preparare una relazione, insomma non certo per scopi virtuosi, almeno ad uno sguardo generalizzato (sicuramente saranno molti gli utilizzi degni di nota). Gli effetti sono già visibili: il risponditore in alcuni casi ha mentito agli utenti nelle risposte, ha confuso personaggi storici famosi, sono aumentate anche le risposte contenenti insulti diretti agli utilizzatori. La temperanza inespressiva degli algoritmi sembra cedere già alle spinte comportamentali umane. In sostanza l’IA nel lungo periodo subirà un’involuzione causata dai suoi stessi creatori e utilizzatori fino ad assestarsi sulla mediocrità tipica dell’aggregato umano. La sensazione è che dovremo aspettare ancora del tempo prima di poter essere giudicati da un computer o finire al servizio di un mega robot dalla voce metallica.
Credit Immagini: Link
Edoardo Sasso