Agli inizi di ottobre nel centro di Piacenza fu trasmesso un cortometraggio intitolato ‘Il Grande Caldo’, autoprodotto e girato nell’estate 2013 e distribuito ‘solamente’ nove anni dopo. Il film nasce come irriverente risposta a ‘La Grande Bellezza’, film diretto lo stesso anno da Paolo Sorrentino: a detta dei registi infatti Roma non è la sola ‘bellezza’ dipinta nell’opera sorrentiniana ma è anche colma di noia, materiale e ‘schifosa’, così com’è rappresentata nel corto.
A colpire fin da subito è la franchezza con cui i registi riportano sullo schermo la quotidianità degli studenti universitari romani: le riflessioni e incertezze narrate dai Millenials (oggi condivisibili anche dalla Generazione Z) fanno uso di un linguaggio schietto, così da assecondare l’esigenza di comunicare altro al di fuori dello sfarzo a cui la capitale viene associata.
E non è solo ‘Il Grande Caldo’ a offrirci un’immagine così scarna della quotidianità: partendo da Zerocalcare per passare a Coez o Rupi Kaur, l’arte che piace oggi parla in modo essenziale ma potente, esprimendo nella sua concisione drammi generazionali quali l’incertezza sul futuro.
Questo potrebbe essere un ritorno noto agli amanti della letteratura: con la fine delle due guerre mondiali si è osservato come, dopo anni di manipolazioni frutto della propaganda bellica, il linguaggio sia tornato alle sue radici.. Che si parli di ermetismo (ndr. movimento letterario sorto in Italia negli Anni Venti) o di Trümmerliteratur (ndr. “‘etteratura delle macerie’, movimento letterario sviluppatosi dal ’45 nella Germania dell’Ovest), la parola ha comunque fatto ritorno all’essenziale per liberarsi del tronfio vocabolario di guerra.

Ma ormai non serve più nemmeno un conflitto mondiale: il progresso tecnologico ha portato a una comunicazione sempre più invadente, basti pensare che il 98% delle pubblicità sono da considerare un sovraccarico comunicativo (Kröber-Riel e Esch, 2000). Inoltre, il linguista tedesco Januschek definisce il linguaggio pubblicitario una ‘non-lingua’ in quanto bugiarda per definizione.
Come ha dimostrato anche la Storia, l’abuso del linguaggio può portare a una crisi comunicativa a tratti persino sistematica; tuttavia, il recupero di una comunicazione essenziale e ‘scarna’ ha trovato sino ad oggi la giusta traiettoria per rigenerarsi una volta di più. È dunque questa la forza quanto la bellezza della parola: la sua innata capacità di rinascere dalle ceneri della sua distruzione.
Sara Magnacavallo