Era il 1966 e Yvon Chouinard era un fabbro autodidatta, che per vivere vendeva sofisticati chiodi da roccia, moschettoni e altra attrezzatura per scalatori. Stanco dell’inefficienza degli attrezzi che stava usando durante la scalata di una parete di ghiaccio del Monte Bianco, decise di inventare qualcosa di meglio, nello specifico una piccozza che si piantasse con sicurezza nella roccia. Dopo acute osservazioni, notò che tutte le piccozze in commercio erano state forgiate con punte allineate perpendicolari ai loro manici. Affidandosi a una vaga intuizione, ne disegnò un tipo a punta curva, la cui forma seguiva l’arco descritto dall’attrezzo quando veniva vibrato nel ghiaccio: si rivelò un colpo di genio. Così, poco più che ventenne, si guadagnò una reputazione come inventore di straordinarie attrezzature per l’alpinismo.

Trascorse gran parte di quegli anni in viaggio, da una zona alpina all’altra, innanzitutto per arrampicare e poi per vendere gli arnesi costruiti nella fucina della sua automobile. Il suo stipendio era veramente scarso: nei casi migliori, insieme ai suoi compagni alpinisti, era costretto a mangiare scoiattoli e porcospini, salvo in periodi di particolare abbondanza, quando poteva concedersi spese pazze acquistando scatolette di cibo per gatti – quello di lusso, aromatizzato al tonno – a ben dieci centesimi l’una.

Oggi nella vita di Chouinard non è cambiato molto: continua a scalare e fabbrica ancora quelli che sono considerati i migliori attrezzi per arrampicata di tutto il mondo sotto il marchio Patagonia©, ma è lecito presumere che non mangi più cibo per gatti, neanche quello del genere più pregiato, in quanto la società da lui avviata nel baule di una Ford malconcia oggi ha un fatturato di 1,5 miliardi di dollari.

Molti definirebbero la realtà di Patagonia© come un felice approdo di un percorso dettato dalla fortuna o dal tempismo perfetto. Probabilmente avrebbero anche ragione. Non si può però dire lo stesso per l’atteggiamento etico e sostenibile adottato dall’azienda in tutti gli anni di esercizio, certamente frutto di decisioni oculate, derivate da un’attenta analisi dell’impatto sociale e ambientale durante il processo produttivo dell’impresa. Chouinard ha sempre impostato l’attività imprenditoriale in forte connessione con il suo spirito attivista: ne è prova lampante l’ultima mossa rivoluzionaria compiuta dal fondatore. Il 14 settembre la proprietà è stata ceduta a un ente no profit, con l’obiettivo di «proteggere i valori dell’azienda’’ e ‘’contribuire nella lotta contro la crisi ambientale». Questa decisione è nettamente in contrasto con la linea d’azione dei competitor e, più in generale, con gli obiettivi delle maggiori aziende sul mercato mondiale.
«Speriamo che questo influenzi una nuova forma di capitalismo che non finisca con pochi ricchi e un mucchio di poveri»
Yvon Chouinard, New York Times.
Beatrice Basso