Di quella volta che un italiano ha vinto ai Tony Awards

A volte nella vita succedono cose che non ti saresti mai aspettato di vedere. 
Tuo padre che a sessant’anni si risposa, l’Inter che vince la Coppa dei Campioni, un Presidente del Consiglio donn… A volte nella vita succedono cose che non ti saresti mai aspettato di vedere, come un italiano premiato ai Tony Awards. 
Per quei pochi di voi che non lo sapessero i Tony Awards sono uno dei principali riconoscimenti a livello planetario per quanto riguarda il teatro, comparabili, per importanza e longevità, agli Oscar o ai Grammy.
A partire dal 1947, infatti, ogni anno il riconoscimento viene assegnato alle opere e agli attori distintisi all’interno del Broadway theatre di New York. 
E lo scorso 12 giugno a vincere nella categoria miglior opera è stata The Lehman Trilogy, del drammaturgo fiorentino Stefano Massini. 

La pièce (la quale ha ricevuto premi anche nelle categorie di miglior regia, attore protagonista, scenografia e luci) è stata rappresentata per la prima volta nel 2013, a Saint-Étienne, in Francia, per poi passare nelle mani di Luca Ronconi, che nel 2015 dirige la messa in scena al Piccolo Teatro di Milano. Da quel momento il successo passa su scala mondiale: il drammaturgo britannico Ben Power ne cura un adattamento in lingua inglese e il regista Sam Mendes (American Beauty, Skyfall, 1917), porta l’opera sui palcoscenici di tutto il mondo, fino a sbarcare a Broadway nel marzo 2020, pochi giorni prima che il teatro si fermasse a causa del Covid, dove migliaia di spettatori si sono ritrovati in coda per assistere alle prime rappresentazioni.

Comprendere le motivazioni di un tale successo oltreoceano non è scontato. 
Perché se da un lato la storia raccontata è pura epica contemporanea, dall’altro è anche il racconto di un enorme fallimento, che mette in luce alcune delle più grandi contraddizioni del sistema capitalistico.
Le vicende sono quelle di tre fratelli di origini ebraiche, Henry, Emanuel e Mayer Lehman, emigrati negli Stati Uniti dalla Germania a metà Ottocento. La costruzione di un impero nato dal nulla e capace di durare 160 anni, superando due guerre mondiali, la crisi economica del ’29, fino al definitivo collasso della Lehman Brothers, avvenuto nel 2008, e del quale ancora oggi viviamo le conseguenze.

Ma il vero valore aggiunto di quest’opera è quello dato dalla scrittura. 
Perché Stefano Massini non è soltanto un ottimo drammaturgo, è anche uno straordinario narratore. 
E proprio come lo vediamo il giovedì sera a Piazzapulita, raccontare storie di eroi silenziosi, contraddizioni e inciampi del genere umano, donne e uomini che hanno fatto la storia, così lo ritroviamo a teatro. 

Massini ricerca uno stile essenziale, spoglio di qualsiasi retorica superflua e che punta a togliere, non ad aggiungere, inutili orpelli ed elementi barocchi da una storia che già di per sé possiede tutti gli elementi per potersi dire degna di essere ascoltata. 
E in tutto questo, la cosa più bella, quasi sconfortante, che ci rimane, è il suo enorme amore per il teatro. 
Perché, prendendo in prestito le sue parole, «il teatro è un’arte viva, è fatta per gli esseri umani. Ed è il più grande antidoto alle paure. Il teatro è la vita degli esseri umani».  

E allora grazie Stefano Massini, grazie al teatro. 

Francesco Castiglioni

© Credit immagini: link + link

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