La pandemia ha impattato enormemente sulle vite di tutti, ma alcuni gruppi sociali più di altri sono stati poco rappresentati e ascoltati come, ad esempio, gli adolescenti. Etichettati spesso come pigri e disinteressati alla comunità, hanno dovuto affrontare silenziosamente le intemperie di questo periodo storico. Ognuno su una barca diversa ha dovuto continuare comunque a remare.
Il progetto #Nonsiamostatifermi ha cercato di accogliere, ascoltare e rappresentare il quadro composito del vissuto di questo gruppo sociale. Realizzato da ASAI in collaborazione con Cooperativa Terremondo, alcuni istituti superiori di Torino e la Scuola Internazionale di Comics, si è inserito all’interno del progetto Giovani Investimenti di Fondazione CRT.
Ne parlo con Riccardo D’Agostino, direttore di ASAI, che mi racconta di come questo progetto sia nato da due necessità: da una parte quella degli adolescenti di essere ascoltati e di rielaborare il vissuto nel periodo pandemico. Dall’altra quella degli adulti di capire cosa si muovesse nel mondo dei ragazzi per poter dare loro un aiuto più mirato.

Si intrecciano quindi l’ascolto e la ricerca, in un percorso che inizia con momenti di racconti e riflessioni, di interviste e focus group.
Si comprende soprattutto come sia stata la dimensione fisica, corporea, ad essere negata, con innegabili risvolti psicologici. Ma nonostante ciò, quello che si vuole sottolineare, e che ha trovato espressione in momenti come il flash mob di Piazza Palazzo di Città a Torino, è che gli adolescenti non sono stati fermi, non lo vogliono essere, nemmeno a livello sociale-comunitario.
Da questo bisogno espressivo nasce successivamente la raccolta di #nonsiamostatifermi. Un insieme complesso, colorato e toccante di racconti e riflessioni degli adolescenti coinvolti. Reso possibile dagli articoli e dalle osservazioni scritte dai volontari e membri di ASAI, è stato successivamente illustrato dagli studenti della Scuola Internazionale Comics di Torino.
Il nucleo dal quale si snodano le storie dei ragazzi nel periodo pandemico è quello della scuola, della didattica a distanza. Nella sezione ‘Tra casa e scuola’, Aicha, Salma, Meryem e Hajar illustrano la complessità di questo contesto. C’è chi ha una connessione a internet poco stabile, o chi deve condividere ‘l’aula’ domestica con numerosi fratelli. E’ più facile distrarsi ma, soprattutto, a mancare sono la dimensione sociale, fisica, di relazione con l’altro, compagno o professore che sia.
Le reazioni psico-fisiche dei ragazzi sono diverse e personalissime. Molti sono i casi di isolamento, autolesionismo, disturbi dell’alimentazione, depressione.
La mente trova sfogo sul corpo, isolato, negato socialmente dalle circostanze.
Sofferenza intrecciata a volontà di riscatto e di non cristallizzarsi, ma continuare a crescere.
Questo emerge nelle pagine successive, in cui si smentisce l’affermazione ‘Gli adolescenti pensano solo a se stessi’. Il volontariato, ad esempio, è parte integrante della vita di molti di loro, come Alexandru, impegnato nella Croce Rossa, o Beatrice, che si occupa di doposcuola presso ASAI, o Samuele, che ha creato un canale Discord per unire in una rete le persone conosciute durante il volontariato.



É nel contesto delle attività di volontariato, in particolare nel centro ASAI di San Salvario, che nasce l’idea di creare un laboratorio di ‘Cura del se’. Uno spazio di riflessione e sperimentazione, in cui corpo e mente vanno di pari passo discussi. Si riflette sulle politiche che vorrebbero decidere chi e come dovrebbe coprire il proprio corpo, sulla femminilità, sul catcalling e molto altro. Attraverso l’intergenerazionalità di questo spazio si cerca di riacquisire quella dimensione del corpo tanto importante quanto sottratta dalla pandemia.
Su questa scia di espressione si racconta anche chi invece ha deciso di esprimere se stesso con la musica, come Alice, Axwell e Andrej. C’è chi è affascinato dalle periferie, chi ama unire emozioni e razionalità e chi scrive sin da piccolo. Chi è alle prime armi e chi invece già registra in studi professionali. Alla fine però tutti «senza musica si sentirebbero persi».
Questo percorso ha cercato di cogliere la scintilla dell’adolescenza: «scintilla di movimento, che non è illusione, ma è desiderio di afferrare la vita. E quella scintilla è da accogliere, raccogliere e alimentare, per loro, per noi, per tutti, per scaldarsi reciprocamente, per illuminare i sentieri futuri».
Proprio in questa prospettiva, la raccolta non mira a essere fine a se stessa. Essa appare invece come il punto di partenza per incontri, discussioni, dialoghi, come è accaduto ad esempio il 27 aprile nella Sala delle Colonne presso Piazza Palazzo di Città a Torino: un’occasione nella quale i ragazzi di ASAI hanno potuto dialogare con le istituzioni riguardo le tematiche trattate in #nonsiamostatifermi.
Cecilia Verri