Eirene in fondo un po’ se l’era cercata – sì, intendo che quella roba lì se l’era proprio andata a cercare – e mica come fanno un po’ tutti gli esseri umani che si appostano alla fermata del bus ad aspettare – appunto – un bus. No, lei alla fermata del bus un po’ se l’era cercata. Aveva aspettato sì, ma aspettato quella ricerca. Alla fermata del bus in via Ripamonti si era messa con tutta se stessa – intendo con tutte le sue mille sfaccettature – a cercare. Ma sì dai avete capito: si era seduta proprio lì a cercare se stessa. Vi metterete a ridere: sono quasi sicura. Mi direte che sono pazza, che Eirene è pazza e sapete cosa vi dico? Siamo tutti pazzi. E ti devo dire che sei pazzo anche tu. Tu che ancora stai qui a leggere di Eirene che se l’era cercata.
È un po’ una fregatura, no? Mettersi a cercare se stessi su una panchina sarebbe più nobile. Ci si siede con un bel giornale aperto e con il vento fresco che arriva dal parco, con le voci lontane dei bambini che giocano là in fondo e qualche papà che corre dietro loro. Le chiacchiere delle mamme tornate da stancanti giornate di lavoro, poi, avrebbero reso il tutto ancora più nobile come vi dicevo. Ma di nobile in quella fermata di Via Ripamonti non c’era proprio niente e quello stupido telaio che riparava dalla pioggia incessante non aveva la men che minima intenzione di riparare Eirene da tutti quei suoi pensieri.
Che poi se vai a cercare te stessa non ti puoi mica lamentare se qualche pensiero ti viene a bussare. Non puoi trovare solo i sogni, usciti da qualche cassetto e finiti sotto le scarpe di qualche amante. Non puoi mica inciampare solo nei desideri più nascosti che sei riuscita a urlare a gran voce: voglio fare la scrittrice!
L’aveva detto – finalmente, aggiungerei – l’aveva non solo detto, ma anche gridato. Urlato. A gran voce. Si sentiva solo il suono di quel desiderio che finalmente si faceva un po’ meno utopia e un po’ più luogo.
‘Voglio fare la scrittrice’ era diventato il suo luogo, senza nessuna utopia che potesse intralciare quel suo percorso.
Quel senza-luogo (u-topos, utopia) era diventato luogo, ‘topos’: voglio si era fatto volontà-atto. Non era più un potenziale.
Se l’era messo in testa – e lo sapete – quando si mette in testa qualcosa, Eirene non la molla più.
Quel sogno non può farsi altro che topos.
Topos è il luogo. Il luogo di Eirene – la pace – senza nessun segno privativo.
Alle sfumature in equilibrio, alla Zia Teresa e a chi l’ha sempre saputo.
Federica Mangano