Come tutto ebbe inizio: il James Webb Space Telescope

Il 25 dicembre 2021 il James Webb Space Telescope (JWST), il telescopio spaziale più grande e potente mai realizzato, ha intrapreso un viaggio dalla Guyana francese, per raggiungere un punto a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, dal quale osserverà l’universo come non era mai stato possibile fare. È arrivato a destinazione il 25 gennaio 2022.

L’idea di spedire nello Spazio un telescopio così grande cominciò a circolare negli Anni Novanta, poco dopo il lancio del telescopio spaziale di Hubble, che fu la prova che un osservatorio direttamente in orbita fosse realizzabile. Se era stato possibile creare uno strumento dotato di uno specchio dal diametro di 2,4 metri, c’erano buone possibilità di portare in orbita telescopi ancora più grandi.

Gli specchi di Hubble e JWST a confronto

All’epoca Alan Dressler era il responsabile di un gruppo di scienziati incaricato di studiare la possibilità di costruire un telescopio che osservasse corpi celesti tra i primi a prodursi durante la fase di formazione dell’Universo. Le prime proposte furono per un telescopio spaziale con un diametro di 4 metri, che potesse osservare oggetti luminosi a grandissima distanza. L’amministratore della NASA del tempo, Dan Goldin, manifestò l’interesse dicendo però che l’iniziativa avrebbe avuto senso solo per un telescopio con uno specchio da almeno otto metri di diametro. Questo fu il punto di partenza di uno dei progetti più difficili e costosi nella storia recente della NASA e dell’Agenzia spaziale europea e canadese, partner nel progetto. Furono necessari venticinque anni per progettare e terminare il telescopio, con una spesa di 10 miliardi di dollari.

Il JWST ha viaggiato per un mese per raggiungere la sua orbita. Il grande specchio da 6,5 metri di diametro, il sistema ottico che raccoglie la luce e la indirizza verso i sensori del telescopio, ha trascorso diverso tempo ripiegato su se stesso all’interno del razzo. Ora che è arrivato a destinazione si sta aprendo attraverso diverse fasi, effettuando una complicata coreografia mai tentata prima, cruciale per la riuscita della missione.

Il James Webb Space Telescope avrà la capacità di osservare i primi elementi formatisi durante il Big Bang. Secondo questa teoria, infatti, nelle primissime fasi di esistenza dell’Universo si produssero le prime stelle, molto diverse da quelle che possiamo osservare ora nel cielo: si ipotizza che fossero centinaia di volte più dense del Sole. Al termine della loro esistenza produssero gigantesche esplosioni, le supernove, che disseminarono nello Spazio di altri elementi, essenziali per la formazione delle altre stelle, dei pianeti e infine della nostra esistenza.

Il James Webb Space Telescope approfondirà la ricerca dei pianeti all’esterno del nostro sistema solare. Il telescopio verrà utilizzato per lo studio di una sessantina di esopianeti, tra questi anche i sette che orbitano intorno a TRAPPIST-1, una nana rossa, una stella più piccola e fredda del Sole, a 40 anni luce da noi. 

I sette pianeti che orbitano intorno a TRAPPIST-1, messi in fila a seconda della loro distanza (non in scala) dalla stella (NASA/R. Hurt/T. Pyle)

Grazie al JWST si potranno compiere osservazioni per almeno cinque anni, anche se le agenzie spaziali sperano di poterne estendere l’utilizzo fino a dieci anni. A differenza di Hubble, il nuovo telescopio sarà molto distante dalla Terra e non potrà ricevere alcuna forma di manutenzione. Sarà da solo a oltre un milione di chilometri mentre darà uno sguardo per noi nel nostro passato cosmico.

Marta Schiavone

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