Il diabete di tipo 1 è una patologia autoimmune, legata a un’alterazione del sistema immunitario a causa della quale il pancreas non è più in grado di produrre l’insulina che quindi deve essere introdotta dall’esterno.
Non avendo cause ben precise – e non essendo, come spesso si pensa, legato all’alimentazione – il diabete può insorgere dall’età più giovane a quella più adulta, e non ha, ad oggi, una cura. La diagnosi diventa come un puntino rosso nella linea temporale dell’esistenza della persona stessa, perché il diabete è cronicità, terapia, organizzazione e disciplina, come un costante orologio nella testa. Ognuno, dunque, vive questo momento in modo differente.
Per raccontare queste fasi, il 14 novembre 2020, Giornata mondiale del diabete, si è formato il gruppo Pancreas404.
Carmine e Michele, due amici diabetici decidono di dare il via, un po’ per gioco, a una maratona social, con un format speciale: «Raccontare la vita, la quotidianità con il diabete» in 15 stories. Si pongono un obiettivo ambizioso: un anno da riempire di storie, sensazioni, paure e successi, fino alla successiva Giornata del Diabete.
Non tutti prendono parte al racconto, i più timidi ascoltano le storie degli altri e di solito hanno la sensazione di sentirsi meno soli, trovano amici che trascorrono le giornate come loro.
Pancreas404 non è solo condivisione di racconti, ma anche divulgare buone pratiche per diabetici e creare una maggiore consapevolezza sulla malattia tra le persone normoglicemiche.
«Cosa fare in caso di emergenza? Commentare, giudicare una fragilità? Offrire il proprio aiuto?» sono tutte domande, non banali, a cui la pagina risponde, affinché le persone diabetiche non si sentano emarginate.
L’ignoranza riguardo il diabete si presenta sotto varie forme, da battute indiscrete a veri e propri atti di bullismo, che hanno come pretesto i dispositivi a supporto delle terapie (sensori e microinfusori, misurazioni di glicemia o infusione di insulina in pubblico). Spesso accade che, durante l’adolescenza, i ragazzi e le ragazze non usino questi strumenti per paura di sentirsi giudicati, al centro dell’attenzione o per non ricevere compassione non richiesta.
Per questi e altri motivi, accettare le terapie può non essere immediato, potrebbe arrivare dopo un periodo di negazione o persino mai – purtroppo con conseguenza mortali. Per capire il caos che alberga nella mente dei neo-pazienti, Antonio Romano, scrittore salentino e nella vita infermiere che vive con diabete, ha dedicato alla patologia una parte del suo romanzo, ‘Vite di C’era: l’invisibile nell’impercettibile’: «Hai un’altra identità e non ti riconosci in questa. [….]. Tu stesso sei critico con il tuo corpo e non lo accetti, figuriamoci chi ti ha conosciuto fino al giorno precedente. Ti ostini nel non tollerare la tua diversità riconducendo tutto all’immediato passato. Ora però sei altro. Non sai cosa».

L’augurio è che spazi e azioni come quelle proposte da Pancreas404 possano da un lato aiutare i pazienti ad accettarsi e a imparare a convivere con la patologia e dall’altro sensibilizzare la società intera sul tema, contribuendo a creare un clima più sereno.
Francesca Cesari