Peer Education: sono i giovani a insegnare l’educazione sessuale e alla salute a scuola

Vi ricordate l’ora di educazione sessuale a scuola? A pensarci o ci viene da sorridere, ripensando alle battute dei nostri compagni e alle scene imbarazzanti della psicologa, oppure abbiamo il ‘vuoto totale’ e  ci chiediamo ‘ma l’ho mai fatta? Forse ero assente quel giorno…’.

E l’ora di educazione alla salute? Nella mia esperienza non ho neanche mai saputo dell’esistenza di ‘un’ora di educazione alla salute’: si tratta di educare i giovani adolescenti alle prime esperienze e con un grado di indipendenza dal nido famigliare maggiore a cosa sono le sostanze stupefacenti, il tabacco, l’alcol, ma anche riguardo a temi come le malattie, l’affettività e la sessualità

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Se facessimo le medesime domande ai ragazzi di alcune scuole secondarie di 2°grado del territorio  Lombardo, ad esempio a Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, nel Rhodense, o anche nella zona di Melegnano e San Donato Milanese, ti parlerebbero del programma Peer Education, ovvero ‘Educazione Tra Pari’.

L’iniziativa propone un modello di educazione con e per gli adolescenti nelle scuole superiori in cui i ragazzi, dopo essere stati formati da esperti, parlano e spiegano diverse tematiche ai loro compagni. 

Ho la fortuna di conoscere Federico, mio compagno di università, che ha partecipato al programma in terza superiore e mi spiega che «La Peer Education risulta essere il metodo migliore per affrontare senza troppe timidezze questi temi, così importanti nei primi anni dell’adolescenza, in special modo se (come nel mio caso) il team di educatori che viene creato è ben motivato e felice di prendere parte al progetto».

«Durante le ore di formazione si indagano e si approfondiscono i temi dell’abuso di sostanze, del bullismo, e di tutto ciò che riguarda i rapporti sessuali, dalla prevenzione di malattie al tema dell’emotività altrui e della libera scelta» mi racconta Federico.

Gli incontri, quindi, rappresentano un parte fondamentale del percorso, non solo perché garantiscono una più giusta e corretta informazione ai compagni di scuola, ma anche perché aiutano ad affrontare un percorso interiore di (ri)scoperta delle proprie emotività, di messa in discussione delle proprie certezze e di creazione di un legame profondo con il resto del team di ragazzi che si preparano ad essere ‘educatori’. 

«Terminate le settimane di formazione si comincia ad entrare nelle prime classi, due o tre educatori tengono una lezione di un paio d’ore, in modo da coprire tutte le sezioni dell’istituto. Si inizia affrontando il tema del bullismo e dell’abuso di sostanze. Il programma di prevenzione sfrutta l’influenza che noi ragazzi un po’ più grandi abbiamo sui più giovani, che spesso si sentono molto più a loro agio a discutere e affrontare in cerchio e con noi tematiche importanti, ma escluse dal dibattito scolastico e spesso non trattate nel contesto familiare».

«Posso dire che aver fatto l’educatore mi ha aiutato tantissimo nel capirmi meglio, conoscermi più a fondo e soprattutto nello sviluppare la capacità di ascolto degli altri. Entrare nelle prime e nelle seconde classi in qualità di educatore a soli 16/17 anni è strano, ma diventa veramente gratificante nel momento in cui trovi un aula di ragazze e ragazzi disponibili, curiosi e pronti a imparare cose nuove senza imbarazzi, attraverso la conoscenza di un coetaneo che si presta volentieri per qualche ora a sciogliere tutti i dubbi del caso».

Maddalena Fabbi

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