Alla scoperta del Cile

Sono in Cile da ormai quattro settimane e, nel frattempo, è anche scoppiata una rivoluzione: eppure sapere che tra meno di venti giorni torno in Italia mi mette tristezza. Come mai? Partiamo con ordine.

Lo scorso novembre vengo a conoscenza di AIESEC, un’associazione studentesca, senza scopo di lucro, indipendente, apartitica, apolitica e presente in 126 paesi del mondo: è stata fondata dopo la seconda guerra mondiale con lo scopo di far conoscere ai ragazzi del presente – e adulti del futuro – un mondo ricco di culture differenti e la possibilità di un interscambio tra di esse. AIESEC oggi basa i suoi progetti sull’Agenda 2030 dell’ONU che contiene 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, su cui i paesi membri si impegnano a lavorare. Ad aprile decido di iscrivermi ad uno dei progetti proposti e compro immediatamente i biglietti aerei di andata e ritorno per il Cile.

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Il 28 settembre parto da sola e dopo 21 ore di viaggio più alcune di pullman finalmente arrivo alla stazione dei Bus di Viña del Mar, una città sulla costa vicino alla seconda città più importante del Cile: Valparaíso. Mi accoglie Cesar, il ragazzo del comitato di AIESEC; la seconda sera mi presenta la mia host family: saranno la mia mamma, il mio papà e mio fratello per il prossimo mese e mezzo. 

La mattina dopo conosco l’associazione nella quale svolgerò la mia attività di volontariato. Si chiama Rostros Nuevos, fa parte della ONG Hogar de Cristo, e lavora con persone con disabilità mentali. Si tratta di offrire un appoggio soprattutto ai parenti dei malati: ogni ragazzo dell’equipe è incaricato di monitorare circa 20 famiglie: andare a trovarle a casa, parlare e ascoltarne i bisogni per poi aiutarli come si può. 

Presto conosco anche gli altri due ragazzi che, come me, fanno un’attività di volontariato tramite AIESEC: Isabelle, 18 anni, dal Belgio e Ricardo, 28 anni, dal Messico. 

Isabelle dopo neanche una settimana diventa la mia compagna di avventure e decido di occupare i miei pomeriggi liberi lavorando con lei. Svolge il suo servizio in una Hospederia, cioè una casa con camere e mensa, dove si accoglie chi non ha una casa. Le prime settimane stiamo poco con gli ospiti perché aiutiamo gli altri volontari a fare la Ruta, cioè a portare il cibo a chi vive per strada. 

Lavorando ascolto molte storie, conosco chi ha vissuto ingiustizie, saccheggi, chi ha viaggiato per il mondo, chi ha vissuto davvero. 

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Incomincio a capire ciò che in Cile non funziona… ed è tanto. 

Mi accorgo che il contributo di queste realtà di volontari è essenziale per il Cile: il sistema di previdenza sanitaria statale, infatti, non funziona e non è in grado di coprire nessuna spesa medica per nessun malato

Nel weekend io e Isabelle andiamo a fare trekking, vedere le mille bellezze naturali e culturali del Cile. Grazie all’app Couchsurfing conosciamo dei ragazzi che ci insegnano a scalare le rocce del pacifico e fare sandboard sulle dune di sabbia della città di Con Con. Arriviamo in cima a una montagna dove con un solo sguardo ammiriamo tutta la costa cilena bagnata dal Pacifico. 

I Cileni sono persone fantastiche, solidali, accoglienti, aperte e gentili. Hanno uno humor particolare; sembrano affrontare col sorriso perfino i terremoti, gli tsunami e le rivoluzioni

Sono un popolo unito e forte, ricco di tradizioni, di cibo eccezionale e balli. 

Ho ancora tanto da conoscere, persone da aiutare, cose da capire e fare mie; ma solo venti giorni per farlo.

Maddalena Fabbi

© Credit immagini: link & courtesy Maddalena Fabbi

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