Si chiama Ahmad Abu Ataya, ha quarantasette anni e vive a Beersheba, la più grande tra le città nel deserto del Negev in Israele.
Nel suo mondo, nella sua terra, i momenti di tristezza e di rassegnazione prevalgono su quelli di felicità e spensieratezza. Perché a casa sua c’è la guerra, che strazia e riempie il cuore dell’aridità di quel deserto su cui cammina ogni giorno.
Ahmad però resiste e resta aggrappato alla vita grazie a un passatempo che gradualmente si è impadronito del suo quotidiano. Ahmad colleziona le bombe dai confini, le pulisce e le riutilizza trasformandole in piccoli vasi da fiori. Ne taglia accuratamente l’involucro, toglie loro il gas, le riempie di terra e ci pianta dei semi: qualcosa nasce, o si sviluppa. La vita comincia, o continua, in un luogo desolato che pare sia stato privato da molto tempo della parola felicità.
Ahmad è uno dei tanti palestinesi vittime di un mondo che sembra aver dimenticato la causa del suo popolo. Ci troviamo oggi a pochi giorni di distanza dalla ricorrenza della Nakba, la ‘catastrofe’ del maggio 1948 che provocò un massiccio sfollamento di milioni di palestinesi, estirpando le radici di un popolo e portandolo alla precarietà. Il dialogo con la politica israeliana, a cominciare dalla recente rielezione del primo ministro Benjamin Netanyahu, appare lontanissimo: il conflitto tra queste due nazioni sembra destinato a perdurare tra attacchi terroristici ed esplosioni di bombe tra i confini. Quelle stesse bombe che, dopo aver causato distruzione e morte, sono raccolte da Ahmad per far nascere, per dar vita.
Ahmad è consapevole di questo assetto politico che appare così irreversibile, tuttavia non si scompone. «Creiamo la vita dalla morte. Siamo in pericolo, ma vogliamo che le persone apprendano questo messaggio. Questi fiori, queste foglie di menta e basilico rappresentano la vita, e noi amiamo la vita. Siamo persone che amano la vita, ciò che ci importa è dimostrarlo al mondo».
I fiori coltivati da Ahmad incarnano il riguardo, l’attenzione verso qualcosa di piccolo, che ha bisogno di tempo per svilupparsi. Nel nostro mondo, gran parte di ciò che ci circonda tante volte ci appare fremente e incontrollabile.
Diffondiamo questi gesti di umanità che il quotidiano spesso ci nasconde e teniamo a bada il nostro cinismo: anche in un mondo di guerra, è possibile regalare bellezza con la vita.
Pietro B.