L’empatiaè sapersi mettere nei panni degli altri e comprendere immediatamente i loro processi psichici. Ma è possibile svilupparla o è un’abilità innata? Secondo il sistema scolastico danese è una capacità che si può imparare con la pratica a scuola. Così hanno inventato le lezioni di empatia, ‘Kleassen dit’: un’ora a settimana per stimolare solidarietà reciproca tra i ragazzi di sei e sedici anni. Si condivide una torta al cioccolato e si parla dei propri problemi, individuali o di gruppo, cercando di stimolare comprensione e ascolto reciproco.
L’empatia può, dunque, essere incentivata attraverso lo sviluppo di alcune capacità. Secondo Daniel Golemann bisogna saper stimolare l’intelligenza emotiva, articolata in diverse abilità: la consapevolezza emotiva, cioè saper distinguere le proprie emozioni dalle cause; il controllo, ovvero saperle incanalare verso un obiettivo; essere in grado di gestire efficacemente le relazioni interpersonali; e, infine, l’empatia, ossia la comprensione delle emozioni altrui.
Un’abilità spesso impegnativa, soprattutto quando i panni altrui non piacciono. Una ricerca dell’Università del Michigan su quattordicimila studenti universitari ha dimostrato che i ragazzi hanno il 40% di empatia in meno rispetto a quelli degli anni Ottanta e Novanta e sono in aumento disturbi mentali e depressione. Come mai? A detta di molti studiosi, la società è diventata più narcisistica di quanto non lo fosse in precedenza.
Forse i danesi hanno compreso la strada giusta per combattere questa solitudine narcisistica e la depressione: sono al secondo posto nel ran
king del World happiness report 2016-2018 dei paesi più felici al mondo.
E l’Italia? Anche noi, grazie a Mario di Pietro, abbiamo introdotto un metodo didattico psicoeducativo, l’Educazione Razionale Emotiva, per la crescita armonica dei bambini. Ma non è ancora materia scolastica.
Camilla C.
© Credit immagini: link + link + link + link